Stampa
Terapia genica

La neo Premio Nobel tecnologia di editing genomico potrebbe essere usata anche per bloccare temporaneamente la risposta immunitaria contro i vettori virali

Spegnere il sistema immunitario per un attimo. Il tempo che basta e nel punto giusto per consentire, per esempio, alla terapia genica di fare effetto. Perché può capitare che le nostre cellule di difesa attacchino il vettore virale che trasporta la terapia, riconoscendolo come estraneo e sabotando in qualche modo la riuscita del trattamento. È quello che hanno fatto i ricercatori della School of Medicine dell’Università di Pittsburgh, negli Stati Uniti, usando la tecnica di editing genetico Crispr-cas9, fresca di Premio Nobel per la chimica. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Nature Cell Biology lo scorso 3 settembre.

UNO STRUMENTO DI SUCCESSO MA CON DEI LIMITI

La maggior parte delle terapie geniche utilizza come vettore i virus adeno-associati (AAV), per trasportare i geni alle cellule bersaglio. Un sistema ampiamente testato e usato anche per terapie già approvate, come la recente Zolgensma per l’atrofia muscolare spinale (SMA), ma che può presentare alcuni limiti. Circa il 30-50% della popolazione può infatti avere, di per sé, anticorpi neutralizzanti nei confronti degli AAV perché vi sono già entrati in contatto durante la loro vita. Mentre un’altra fetta di potenziali destinatari di queste terapie potrebbe svilupparli in seguito alla somministrazione del trattamento. Come in genere avviene quando l’organismo entra in contatto con un agente patogene estraneo (virus, batteri ecc.). Di conseguenza, la risposta immunitaria potrebbe ridurre significativamente l'assorbimento del vettore e quindi rendere inefficace il carico terapeutico trasportato.

IL CASO DEL VACCINO ANTI COVID-19

Un esempio recente è il vaccino anti COVID-19 Ad5-nCoV, sviluppato da CanSino Biologics, che si basa sul vettore virale adenovirus di tipo 5 (Ad5). Nello studio di Fase II circa la metà dei partecipanti aveva livelli elevati di anticorpi neutralizzanti Ad5 preesistenti. E questi stessi individui avevano prodotto una risposta immunitaria in seguito alla somministrazione del vaccino significativamente più bassa rispetto a quelli con una bassa immunità anti-Ad5 preesistente. “Molti studi clinici falliscono a causa della risposta immunitaria contro i vettori di terapia genica”, ha commentato Samira Kiani, professore associato presso il dipartimento di patologia dell'Università di Pittsburgh School of Medicine e membro del Pittsburgh Liver Research Center (PLRC) e McGowan Institute for Regenerative Medicine (MIRM), nonché coordinatrice dello studio. “E poi non puoi risomministrare la terapia perché le persone hanno sviluppato l'immunità”.

COME RISOLVERE IL PROBLEMA

Per ovviare a questo problema si può fare ricorso a farmaci immuno-soppressori, che però possono fare poco per rimuovere eventuali anticorpi già presenti, o a strategie di natura sperimentale, come l’utilizzo di proteine per contrastare la risposta immunitaria (ne abbiamo parlato qui). L’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (HSR-TIGET), ad esempio, ha ideato una strategia che consiste nell’applicare la proteina CD47 sulla superficie dei vettori lentivirali, usati per la terapia genica per l’emofilia, in modo da sfuggire al rilevamento da parte del sistema immunitario e alla conseguente distruzione. Mentre i ricercatori della Johns Hopkins University hanno sviluppato un sistema di somministrazione non virale che utilizza un nano-contenitore polimerico, che rilascia la terapia una volta all'interno della cellula.

SPEGNERE IL SISTEMA IMMUNITARIO

Un’altra soluzione arriva invece dai laboratori dell’Università di Pittsburgh, dove il team guidato da Kiani ha creato un sistema che sfrutta CRISPR per sopprimere, temporaneamente, i geni correlati alla produzione di anticorpi AAV. In modo tale che il virus possa trasportare il suo carico senza ostacoli. I ricercatori hanno modificato l'espressione genica associata alla risposta immunitaria contro l'AAV, utilizzando un repressore trascrizionale associato a CRISPR. Ma facendo in modo che la risposta immunitaria fosse finemente regolata e soppressa solo per un breve periodo: il tanto che basta perché il contenuto terapeutico arrivasse a destinazione. Questo gene infatti è importante per la normale funzione del sistema immunitario, motivo per cui i ricercatori non volevano spegnerlo definitivamente. “La modulazione transitoria dei geni coinvolti nell'immunità, senza esercitare un cambiamento permanente nel codice del DNA, può essere una strategia efficace per modulare il decorso di molte condizioni infiammatorie. La tecnologia Crispr-Cas9 rappresenta una piattaforma promettente per raggiungere questo obiettivo”, scrivono gli autori dello studio.

Il DOPPIO USO DI CRISPR

Inoltre, essendo CRISPR già in fase di studio come strategia di terapia genica – perché permette di eliminare o modificare un gene difettoso o aggiungerne uno funzionale – gli esperti hanno pensato di utilizzarla sia a scopo terapeutico sia per controllare la risposta immunitaria. “In questo modo prendiamo due piccioni con una fava”, ha commentato Mo Ebrahimkhani, professore associato di patologia presso l’Università di Pittsburgh e co-autore dello studio insieme a Kiani. “Puoi usare CRISPR per fare la terapia genica, ma anche per controllare la risposta immunitaria". Gli esperimenti condotti sui topi hanno dimostrato che, una volta trattati con il sistema di soppressione immunitaria controllato da CRISPR e successivamente esposti di nuovo agli AAV, gli animali non hanno prodotto anticorpi contro il vettore virale. I topi erano inoltre più ricettivi in seguito a una successiva somministrazione della terapia genica con AAV, rispetto al gruppo di controllo. La tecnologia a base di CRISPR in definitiva ha soppresso per breve tempo i geni correlati alla produzione di anticorpi anti-adenovirusassociato e ha contribuito a ottenere un migliore assorbimento della terapia genica nei topi.

L’APPLICAZIONE NELLE MALATTIE INFETTIVE

Il prossimo passo sarà portare la tecnologia in fase clinica, motivo per cui Kiani ha co-fondato la biotech SafeGen Therapeutics. D’altra parte nel lavoro si è visto come la soppressione immunitaria basata su CRISPR abbia anche la potenzialità di prevenire o trattare la sepsi nei topi. Dato che ne suggerisce la potenziale applicazione anche per malattie infiammatorie. Come la tempesta di citochine e la sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), due patologie associate anche all’infezione da SARS-CoV-19. Ovviamente siamo in fase di studi iniziali di ricerca preclinica e saranno necessari ulteriori studi per verificarne le caratteristiche di sicurezza. “L'obiettivo principale di questo studio era sviluppare strumenti basati su CRISPR per le malattia infiammatorie”, ha concluso Farzaneh Moghadam, PostDoc nel laboratorio di Kiani e prima firma dello studio. “Ma quando abbiamo esaminato i campioni di midollo osseo, abbiamo visto che il gruppo trattato con il nostro sistema mostrava una risposta immunitaria inferiore all'AAV rispetto al gruppo di controllo”. Così i ricercatori hanno cambiato la propria priorità concentrandosi su questo nuovo importante aspetto.

 

Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento Maggiori informazioni