Una terapia sperimentale a base di editing genomico è in grado di migliorare la vista in pazienti con una forma di degenerazione retinica, ma il programma clinico si interrompe per motivi economici
Uno studio clinico di Fase I/II condotto in diversi centri clinici negli Stati Uniti ha valutato gli effetti della somministrazione di EDIT-101, terapia a base di CRISPR, su un singolo occhio di quattordici pazienti (12 adulti e 2 ragazzi) affetti da una forma di amaurosi congenita di Leber (LCA) legata a mutazioni del gene CEP290. I risultati sono stati pubblicati il mese scorso sul The New England Journal of Medicine e dimostrano che il trattamento è sicuro e che ha portato a miglioramenti misurabili della vista in quasi la metà dei partecipanti trattati. Uno dei due pazienti pediatrici, l’undicenne Jacob Peckham, vede molto meglio di prima e la sua storia è stata riportata su CBS News. Purtroppo, Editas Medicine, l’azienda che ha sviluppato la terapia, ha dovuto abbandonare il programma per problemi di sostenibilità economica e il trattamento sul secondo occhio probabilmente non potrà essere effettuato.
La terapia EDIT-101 (di cui avevamo già parlato qui e qui) si basa su Crispr-Cas9 ed è in grado di correggere il gene difettoso direttamente nel corpo umano, un requisito fondamentale nel caso del gene CEP290 dato che è troppo grande per essere inserito nei vettori virali utilizzati nella terapia genica classica. Lo studio clinico BRILLIANCE di Fase I/II ha l’obiettivo di valutare sicurezza, tollerabilità ed efficacia in un massimo di 34 pazienti, sia adulti che bambini sopra i 3 anni di età. La sperimentazione ha finora incluso 12 adulti e due bambini nati con una forma di amaurosi congenita di Leber (LCA) causata da mutazioni nel gene CEP290, nota anche come amaurosi congenita di Leber di tipo 10 (LCA10). Le mutazioni di questo gene causano un cattivo funzionamento dei fotorecettori dei coni e dei bastoncelli nella retina e sono la principale causa di forme di cecità ereditaria che si manifestano entro il primo anno di vita. Infatti, LCA10 colpisce circa il 20-30% dei pazienti affetti da amaurosi congenita di Leber, le cui forme sono collegate alle mutazioni in circa 20 geni diversi. I partecipanti sono stati sottoposti a un trattamento che prevedeva una singola iniezione di una terapia a base di editing genomico in un unico occhio del paziente.
Il trial clinico non ha rilevato eventi avversi o tossicità limitanti la dose. Per quanto riguarda la valutazione dell’efficacia, i ricercatori hanno esaminato quattro parametri: acuità visiva (BCVA); test di stimolo a tutto campo adattato al buio (FST), navigazione della funzione visiva (VNC) e qualità della vita correlata alla visione. Undici partecipanti hanno dimostrato miglioramenti in almeno uno di questi risultati, mentre sei hanno dimostrato miglioramenti in due o più. Sei partecipanti hanno registrato miglioramenti significativi nella visione mediata dal cono, come indicato dagli FST, e cinque di loro hanno avuto miglioramenti in almeno uno degli altri tre risultati. Anche se ad oggi gli effetti a lungo termine della terapia non sono ancora noti, le cellule fotorecettoriali dell’occhio non sono cellule ad alto ricambio – al contrario, ad esempio, di quelle della pelle – e questa caratteristica rende il trattamento teoricamente duraturo nel tempo.
Si tratta del primo caso di un trattamento a base di editing genomico efficace per pazienti con una cecità congenita: un altro traguardo raggiunto da CRISPR, che però in questo caso vedrà il suo percorso interrompersi prima di raggiungere l’obiettivo successivo, cioè quello di trattare il secondo occhio dei pazienti. E, in un futuro, diventare una terapia a disposizione dei pazienti, inclusi quelli più piccoli.
Ma cosa impedisce a EDIT-101 di proseguire nel suo percorso? L’azienda che l’ha sviluppata, Editas Medicine, ha dovuto abbandonare il programma per motivazioni economiche, come ha scritto il pioniere di CRISPR Fodor Urnov in un suo recente tweet su X, ricordando anche l’importanza di costruire un nuovo modello di sostenibilità per le terapie a base di CRISPR per le malattie rare. Come scritto in un nostro precedentemente articolo, la sfida per le biotech è farsi carico delle terapie per le malattie che colpiscono pochissimi pazienti: investimenti, tempistiche e burocrazie rendono il percorso molto complesso e ben lontano dall’essere sostenibile sul lungo periodo.