Le terapie basate sull’editing del genoma sono in grado di agire direttamente sulla causa genetica delle patologie, ma per farlo richiedono di essere veicolate in modo efficiente e sicuro
Le malattie genetiche colpiscono milioni di persone in tutto il mondo: trovare il modo di manipolare efficacemente e con precisione il DNA umano potrebbe portarci verso una nuova classe di farmaci rivoluzionari. Infatti, i difetti genetici potrebbero essere corretti da sistemi di editing genomico direttamente nell’organismo, superando i limiti delle terapie geniche tradizionali che possono intervenire solo su alcune patologie, fornendo una copia funzionale del gene corretto. In linea di principio, l’editing genomico potrebbe ampliare la gamma delle malattie genetiche trattabili e questo giustifica gli sforzi per portare queste tecniche in clinica. Le principali sono le nucleasi, il base editing e il prime editing e i metodi comunemente utilizzati per la somministrazione di questi agenti di editing in vivo sono diversi. Una review, pubblicata lo scorso luglio su Cell, fa una panoramica sul tema.
La maggior parte delle sperimentazioni cliniche con approcci di editing genomico agisce ex vivo: le cellule vengono prelevate dal corpo del paziente, modificate in laboratorio e reintrodotte nel paziente. Questo approccio è fattibile per alcuni tipi di cellule, tra cui le cellule staminali ematopoietiche, ma la maggior parte delle popolazioni cellulari non possono essere prelevate per procedere con questo tipo di manipolazione. L'editing genomico in vivo, invece, prevede che le cellule vengano modificate direttamente all'interno dell'organismo e offre maggiori promesse per il trattamento di diverse malattie genetiche. Tuttavia, richiede che la somministrazione sia sicura e mirata e che l’editing agisca efficacemente su una frazione sufficientemente ampia di cellule target.
DNA, RNA messaggero, proteine o ribonucleoproteine: queste sono le forme in cui un sistema di editing genomico può essere trasportato all’interno delle cellule e, in tutti i casi, sono diverse le barriere biologiche che deve superare per raggiungere il suo obiettivo. Il “carico” deve essere impacchettato e protetto fino a destinazione e il sistema di trasporto deve identificare le cellule target, attraversare la loro membrana e consegnare il “carico” nel compartimento cellulare corretto. Per fare questo non devono essere degradati o riconosciuti dal sistema immunitario, ma proseguire nel loro viaggio fino al disassemblamento e al rilascio del contenuto. Per superare questa sfida, numerose tecniche di somministrazione sono state sviluppate e testate in modelli animali.
VETTORI VIRALI
I virus si sono naturalmente evoluti per superare le barriere cellulari e sono in grado di trasportare i carichi di acido nucleico (DNA e RNA) in molti tipi di cellule. Grazie a queste caratteristiche, sono vettori promettenti per il trasporto dei sistemi di editing genomico direttamente nell’organismo. Molti vettori virali sono stati studiati per applicazioni di terapia genica in vivo e utilizzati per la somministrazione di geni terapeutici in diversi studi clinici. Il futuro dei vettori virali richiederà sforzi accurati per superare alcune sfide, tra cui l'immunogenicità del vettore, l'espressione prolungata del sistema di editing genomico, le azioni fuori bersaglio (i famosi “off target”), il potenziale di integrazione genomica, il costo di produzione e la tossicità dipendente dalla dose. Ad oggi, la maggior parte delle applicazioni di in vivo utilizza virus adeno-associati (AAV), ma alcuni studi preclinici hanno utilizzato anche lentivirus (LV) o adenovirus (Ad).
Gli AAV sono attualmente i vettori virali più popolari per la somministrazione di terapie macromolecolari codificate come DNA. Questo perché hanno un profilo di sicurezza noto, possono raggiungere efficientemente diversi tessuti e ne esistono di diversi tipi, cosa che consente ai ricercatori di scegliere quello più appropriato alla popolazione cellulare da raggiungere. Purtroppo, il carico trasportabile deve avere dimensioni ridotte perché gli AAV hanno una capacità di impacchettamento bassa. Per ovviare a questo problema sono state sviluppate alcune strategie, come ad esempio dividere il carico in due parti e somministrarle contemporaneamente per far ricostituire il sistema di editing genomico in loco. Questo dipende anche dal sistema di editing scelto, dato che quelli di prime editing sono più grandi dei corrispondenti di base editing. Un altro problema è l’espressione a lungo termine dei sistemi di editing genomico dopo la somministrazione, cosa molto positiva se si tratta di terapia genica classica, ma indesiderabile in questo caso perché aumenta il rischio di modificazioni “off target”. Anche per superare questo ostacolo sono state studiate delle alternative possibili, come ad esempio dei sistemi inattivanti.
I vettori lentivirali (LV), invece, portano un carico di RNA e sono stati utilizzati principalmente ex vivo. Hanno alcune caratteristiche che li rendono interessanti per l’editing genomico in vivo, ad esempio la capacità di trasportare il doppio delle informazioni rispetto agli AAV. Esistono ancora pochi esempi di utilizzo degli LV per l’editing in vivo e lo svantaggio più significativo è il potenziale di integrazione nel genoma, sebbene siano modificati per non farlo. Inoltre, portano a un'espressione prolungata del sistema di editing, che aumenta i rischi associati alle azioni fuori bersaglio. In particolare, l'uso di LV negli studi clinici di terapia genica in vivo ha sollevato preoccupazioni circa la genotossicità, l'immunogenicità e l'elevato costo di produzione.
Gli adenovirus (Ad) sono i vettori virali più usati negli studi clinici di terapia genica in tutto il mondo, principalmente per la sua grande capacità di trasporto, la biologia nota, la stabilità genetica e l’elevata efficienza di trasduzione. Sebbene l'uso di Ad come vettore abbia prodotto un editing efficiente in vivo, gli svantaggi del loro utilizzo includono l'immunogenicità e la citotossicità mediata dalle cellule T.
NANOPARTICELLE LIPIDICHE
Tra i vettori non virali, le nanoparticelle lipidiche (LNP) sono le più popolari e di grande interesse anche per l’editing genomico in vivo. Il carico, incapsulato in piccole vescicole polimeriche, viene trasportato all’interno delle cellule per endocitosi e poi rilasciato. Essendo prodotte in laboratorio, variando le componenti si possono ottenere LNP con caratteristiche diverse, tra cui la capacità di agire su cellule diverse. Sono già utilizzate per veicolare siRNA terapeutici, ma anche vaccini a base di mRNA (come ad esempio alcuni di quelli sviluppati per il SARS-CoV-2). La somministrazione di LNP offre diversi vantaggi rispetto alla somministrazione virale, soprattutto per quanto riguarda il trasporto dei sistemi di editing genomico: ad esempio, minimizzando il rischio di editing fuori bersaglio grazie alla loro natura transitoria. Inoltre, poiché le LNP sono sintetiche, la loro immunogenicità è molto più bassa rispetto a quella dei virus e, in alcuni casi, può supportare dosaggi ripetuti. Il profilo di sicurezza è buono e la produzione su larga scala non pone problemi.
Di nanocapsule per il trasporto di CRISPR si è parlato, ad esempio, per il trasporto non invasivo al cervello di una terapia sperimentale basata sull’editing genomico per il glioblastoma. Si tratta di un sistema di somministrazione da valutare per trasportare in modo sicuro e specifico una terapia in grado di colpire uno dei tumori cerebrali più comuni. Questo perché, sebbene Crispr-Cas9 rappresenti una tecnologia di editing genomico rivoluzionaria, la sua somministrazione al cervello – come quella di moltissime altre terapie note o in sperimentazione - è irta di sfide che le attuali tecniche non riescono ancora a superare.
PARTICELLE SIMIL-VIRALI
Un’altra alternativa per il trasporto di sistemi di editing genomico sono le particelle simil-virali (VLP): aggregati non infettivi di proteine virali che contengono mRNA, proteine o ribonucleoproteine del carico desiderato, in aggiunta o al posto del materiale genetico virale. Quasi tutte le architetture di VLP riportate per il trasporto di mRNA o proteine si basano sui retrovirus, poiché questi ultimi possiedono diverse caratteristiche ideali per le VLP. Poiché le VLP derivano da “scaffold” virali esistenti, sfruttano le proprietà naturali dei virus che consentono un'efficiente distribuzione intracellulare. Tuttavia, a differenza dei virus, le VLP veicolano transitoriamente sistemi di editing sotto forma di mRNA o proteine anziché di DNA, il che riduce sostanzialmente i rischi di mutazioni off target e di integrazione del genoma virale.
Per migliorare ulteriormente l'ampia applicabilità terapeutica delle VLP, sarà importante sperimentare efficacemente il trasporto in diversi organi e caratterizzare ulteriormente il loro profilo di sicurezza in vivo.
E QUINDI?
Come raccontato ampiamente nella recente review, l’era dell’editing genomico in vivo è già arrivata e l’ampio sviluppo delle tecniche a disposizione – CRISPR su tutte – hanno permesso di sviluppare sistemi robusti su cui investire. L’abbinamento di questi ultimi a efficienti metodi di somministrazioni ha portato, e porterà, a numerose sperimentazioni cliniche (molte ancora in fase iniziale, ma alcune anche in fase più avanzata).
Con le attuali modalità di somministrazione in vivo, gli strumenti di editing genomico possono essere facilmente distribuiti alle cellule del fegato, tramite iniezione endovenosa, e alle cellule dell'occhio, tramite iniezione intraoculare. Per questo motivo, nel prossimo futuro ci si aspetta che le terapie basate sull’editing tratteranno probabilmente malattie che possono essere affrontate attraverso queste due tipologie di somministrazione. Il trasporto efficiente a tessuti non epatici in seguito a somministrazione endovenosa rimane ancora una sfida importante per la maggior parte dei vettori. Man mano che altre terapie di questo tipo si avvicineranno alla clinica, la disponibilità di metodi di somministrazione efficaci diventerà un aspetto fondamentale.