Un progetto internazionale per trovare una possibile soluzione terapeutica per le malattie cardiache ereditarie che vede la collaborazione di centri di ricerca d’eccellenza europei e oltreoceano
Un organo grande quanto un pugno, la cui attività passa quasi inosservata finché non sopraggiunge un problema. Ad ogni battito del cuore, sangue, ossigeno e nutrienti raggiungono tutti gli angoli dell’organismo: quando questo non accade, le conseguenze possono essere davvero gravi. Le malattie cardiovascolari sono al centro dell’interesse medico da anni, perché causa del più alto numero di decessi al mondo (dati OMS). Se la maggior parte di queste malattie è prevenibile seguendo uno stile di vita sano, alcune possono essere ereditarie. Quali sono in questo caso le prospettive di cura? Un progetto transatlantico vuole analizzare la possibilità di utilizzare la terapia genica, e in particolare l’editing genomico, per trattare le malattie ereditarie del cuore. Ne abbiamo parlato con il prof. Mauro Giacca, professore al King’s College di Londra e all’Università di Trieste.
LE MALATTIE EREDITARIE DEL CUORE
Il termine malattie ereditarie del cuore comprende un’ampia gamma di malattie cardiache, relativamente rare, causate da un difetto che può coinvolgere uno o più geni. Queste malattie sono ereditabili e, in alcuni casi, possono diventare molto pericolose. Una delle caratteristiche che le rende tali è che non sempre presentano dei sintomi evidenti e, di conseguenza, si può essere inconsapevoli di averle, correndo tutti i rischi del caso. Purtroppo, la diagnosi familiare avviene spesso in seguito a un episodio grave, come ad esempio nel caso di morte cardiaca improvvisa.
Al giorno d’oggi è più facile convivere con la malattia, grazie ai progressi nel campo della diagnosi e nella convivenza quotidiana con la patologia. “Ma il problema dell’approccio terapeutico resta, anche perché le malattie ereditarie del cuore affliggono un numero elevato di persone nel mondo. Un esempio sono le mutazioni genetiche correlate alla cardiomiopatia ipertrofica, la forma più comune di patologie cardiache ereditarie, che sono presenti in una persona ogni 500”, spiega il prof. Giacca.
IL CONTRIBUTO DI LEDUCQ
Dare una prospettiva di vita futura alle persone che convivono con queste malattie è l’obiettivo della Fondazione Leducq, organizzazione nata nel 1996 grazie al volere dell’imprenditore e industriale francese Jean Leducq, che supporta la ricerca nel campo delle malattie cardiovascolari. La fondazione si occupa di finanziare studi che prevedono collaborazioni a livello internazionale per trovare una opzione terapeutica valida per le malattie cardiovascolari e l’ictus. Tra i diversi enti che accoglie c’è la Leducq Foundation for Cardiovascular Research, una fondazione privata senza scopo di lucro con sede a Boston (stati Uniti). Come spiegato sul sito, le prime sovvenzioni Leducq per la ricerca cardiovascolare sono state assegnate nel 1999 nell'ambito di un programma per singoli ricercatori. Nel 2003 la Fondazione Leducq ha introdotto le Reti Transatlantiche di Eccellenza, un programma progettato per promuovere la ricerca collaborativa tra i ricercatori in campo cardiovascolare e sull'ictus in Nord America e in Europa. Fino ad oggi, la Fondazione Leducq ha sostenuto 77 reti internazionali e ora il programma si è espanso dalla sua iniziale focalizzazione sul Nord America e sull'Europa per includere ricercatori in tutto il mondo.
“I finanziamenti concessi sono generosi e si arriva oltre i 7milioni di euro per un progetto della durata di 5 anni. Sull’altro piatto della bilancia c’è la difficoltà di vedere questi finanziamenti assegnati, visto che i criteri di selezione sono molto stringenti e in media sono supportati solo 1 o 2 progetti ogni 100 domande presentate. Riuscire a partecipare è quindi un grande riconoscimento del valore della propria ricerca”, racconta Mauro Giacca. È di qualche settimana fa la notizia della riunione che si è tenuta a Trieste sul progetto Leducq per lo sviluppo di terapie basate sull’editing genomico per trattare le malattie del cuore, progetto che vede tra i suoi partecipanti anche un ente italiano. Infatti, sono 6 i laboratori coinvolti, 3 statunitensi e 3 europei. I tre americani sono quello di Eric Olson (Dallas), pioniere della ricerca sulla genetica del cuore; quello di Erik Sontheimer (Boston), tra i maggiori esperti di Crispr-Cas9; e quello di Elisabeth McNally (Chicago), nome di spicco nel campo delle cardiomiopatie ereditarie. Passando al Vecchio Continente, i laboratori sono quelli di Eva van Rooij (Utrecht, Olanda), esperta di terapia genica con applicazione al cuore; di Wolfram Zimmermann (Goettingen. germania), il primo ad aver trapiantato tessuti cardiaci cresciuti in laboratorio sul cuore; e di Mauro Giacca, che lavora tra il King’s College (Londra), l’Università degli Studi di Trieste e l’International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (ICGEB, di Trieste).
IL PROGETTO
Ma qual è l’obiettivo di questa ricerca? “Il progetto si focalizza sullo sviluppo di tecniche di editing genomico per correggere le mutazioni che causano malattie cardiache ereditarie direttamente nel cuore delle persone malate. Gli approcci di terapia genica classica hanno dei limiti per queste malattie, visto che i geni con le mutazioni sono spesso molto grandi e i vettori virali che vengono usati comunemente non riescono a contenerli”, spiega il prof. Giacca.
“Nella riunione che si è svolta a Trieste qualche settimana fa abbiamo discusso di come poter far arrivare alle cellule del cuore il sistema di editing genomico Crispr-Cas9, in grado di modificare con precisione la sequenza di DNA e quindi correggere direttamente le mutazioni”, conclude Giacca. “L’idea è quella di utilizzare nanoparticelle lipidiche al cui interno inseriamo tutti gli RNA necessari per ottenere l’editing. Il metodo è lo stesso di quello applicato ai vaccini per il COVID-19 di Pfizer e Moderna”.
Il cuore è da anni al centro delle ricerche del professor Giacca, che tra le altre cose, studia i microRNA sintetici per stimolare la rigenerazione cardiaca e i fattori proteici di protezione per le cellule del cuore. Questo progetto permetterà ai laboratori coinvolti di collaborare per diversi anni, mettendo allo stesso tavolo sei tra i più grandi esperti del settore, con la speranza di raggiungere un risultato in grado di modificare – in un futuro non molto lontano - la storia clinica di queste malattie e di chi ci convive.