Yvàn Torrente

Prof. Yvàn Torrente (Milano): “Sono in via di sviluppo due strategie terapeutiche dalla diversa tecnologia partendo dal medesimo quesito iniziale: come restituire al muscolo la proteina mancante?”

Al culmine della scorsa estate la notizia dell’avvio di uno studio clinico con una nuova terapia genica destinata al trattamento di una distrofia muscolare dei cingoli è passata sotto relativo silenzio. Il fatto che non sia stata pubblicata la lista dei centri ospedalieri presso cui saranno trattati i pazienti e che la prima somministrazione non sarà eseguita prima di gennaio 2024 non ha contribuito alla diffusione della notizia che, invece, è estremamente significativa nel contesto della ricerca di nuove opzioni di cura per le distrofie dei cingoli. Queste malattie, infatti, continuano a rappresentare un vasto ed eterogeneo insieme di patologie neuromuscolari orfane di trattamenti. Ne abbiamo parlato con il professor Yvàn Torrente, neurologo presso la Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e Direttore della Struttura Semplice di Terapie Cellulari e Geniche del Policlinico di Milano.

“Allo stato attuale delle cose sono due le principali aziende impegnate nella ricerca di una terapia genica contro le distrofie muscolari dei cingoli”, afferma Yvàn Torrente, anche professore di Neurologia all’Università degli studi di Milano. “Una è Sarepta Therapeutics e l’altra è Atamyo Therapeutics. Esse sono il frutto di due distinte correnti culturali e stanno sviluppando prodotti dalla diversa tecnologia partendo dal medesimo quesito iniziale: come restituire al muscolo la proteina mancante?”

SAREPTA THERAPEUTICS

La storia di Sarepta Therapeutics si è presto intrecciata con quella di Myonexus Therapeutics, un’altra azienda impegnata nel settore delle biotecnologie, sorta sulle competenze e sulle scoperte del professor Jerry Roy Mendell, neurologo di fama mondiale presso il Nationwide Children’s Hospital dell’Università dell’Ohio. “Quella di Sarepta è la storia di una ricerca trentennale, iniziata con l’idea di usare un plasmide ricombinante per sostituire il gene difettoso all’origine della malattia e poi proseguita con lo sviluppo dei vettori virali, prima di tipo adenovirale e poi di tipo adeno-associato (AAV)”, puntualizza Torrente. “La selezione del miglior vettore per trasportare il materiale genico all’interno delle cellule ha sempre rappresentato un obiettivo cruciale per Mendell che, insieme al suo team, ha compiuto importanti ricerche per fare luce sul meccanismo d’ingresso del gene nelle fibre muscolari del cuore e affinarne l’espressione terapeutica, riducendo al contempo la risposta immunitaria dell’organismo”.

Tali ricerche hanno condotto alla creazione di un costrutto adatto entro cui allocare il gene da sostituire; ad esso si è poi aggiunto un promotore, frutto di intensi anni di lavoro, adeguato a favorire il giusto livello di espressione del gene. “Il vettore virale adeno-associato scelto aveva un tropismo adatto alle cellule muscolari e a quelle del cuore”, aggiunge Torrente. “Questo ha permesso ai ricercatori di disporre di una ‘scatola’ ideale per veicolare il gene desiderato all’interno del corpo umano”. Ciò spiega come siano riusciti a sviluppare trattamenti sperimentali per diverse forme di distrofie dei cingoli: MYO-101 per la LGMD2E/R4, MYO-102 per la LGMD2D/R3, MYO-103 per LGMD2C/R5, MYO-201 per LGMD2B/R2 e MYO-301 per LGMD2L/R12.

“Il vantaggio di questo approccio consiste nel fatto che possa esser applicato a patologie differenti mantenendo un’elevata espressione del gene nei muscoli”, commenta Torrente. “La terapia genica sviluppata da Sarepta Therapeutics si è dimostrata efficace - e senza la comparsa di importanti effetti collaterali, come ad esempio una forte reazione immunitaria – nel caso della distrofia muscolare di Duchenne, tanto da ottenerne l'autorizzazione negli Stati Uniti da parte della Food & Drug Administration (FDA). Cosa che li ha proiettati in pole position nella corsa verso una cura per altre patologie”.

ATAMYO THERAPEUTICS

L’esperienza di Atamyo Therapeutics è più recente ma altrettanto solida. Lo studio clinico citato in apertura di questo articolo si riferisce ad ATA-200, una terapia genica sperimentale che sarà testata su 6 pazienti ancora in possesso della capacità di deambulare - un particolare di non trascurabile entità, come vedremo tra poco. “La storia di questa terapia nasce all’interno di un centro di ricerca dal profilo simile a quelle dell’SR-Tiget di Milano, ma finanziato da Genethon, il corrispettivo francese del Telethon italiano”, precisa Torrente. “Dall’inizio degli anni Duemila sono stati fatti corposi investimenti in bioreattori per la produzione di vettori AAV. Hanno avviato una produzione propria per mettere a punto un vettore che raggiungesse con efficacia tutti i distretti del corpo interessati dalla malattia, mantenendo elevati standard di sicurezza”. In breve i ricercatori hanno osservato che il loro costrutto funzionava bene contro la LGMD2C/R5, come dimostrano anche i risultati di uno studio di Fase I pubblicati sulla rivista Brain.

“Al tempo in cui Isabelle Richard - che nel 1995 identificò la prima mutazione nel gene della calpaina-3 associato alla LGMD2A/R1 - lavorava sui modelli animali della malattia il responsabile scientifico di Genethon era Fulvio Mavilio, ricercatore italiano di fama internazionale e grande esperto di vettori virali”, precisa Torrente. “In Atamyo erano tutti consci di dover prestare grande attenzione al tema dei vettori virali e per il loro studio sulla LGMD2C/R5 hanno usato un costrutto diverso da quello testato in un modello della distrofia di Duchenne”. Infatti, in un editoriale pubblicato nel marzo scorso sulla rivista Molecular Therapy - Methods & Clinical Development Dean J. Burkin e i suoi colleghi dell’Università del Nevada commentano il tentativo di individuare la giusta dose di terapia da somministrare alle cellule del muscolo scheletrico e cardiaco, abbinando al costrutto un promotore (MHCK7) che consente un’elevata espressione di gamma-sarcoglicano in entrambe le situazioni. “Lo sviluppo della futura generazione di costrutti contenenti elementi regolatori per modulare l’espressione di gamma-sarcoglicano potrebbe condurre a un trattamento più efficace della cardiomiopatia dilatativa correlata a LGMD2C/R5, portando a una più ampia applicazione nel trattamento delle malattie muscolari”, concludono.

L’INSEGNAMENTO DELLA DUCHENNE E DELLA SMA

È impossibile ragionare su una terapia genica per le distrofie muscolari dei cingoli senza tener conto dell’esperienza acquisita con le ricerche sulla distrofia muscolare di Duchenne e sulla SMA. “I primi studi condotti dai ricercatori statunitensi e da quelli francesi erano rivolti a pazienti adulti, indipendentemente dal fatto che potessero ancora muoversi autonomamente o no”, continua il neurologo lombardo. “La non deambulazione inizialmente non costituiva un criterio di esclusione fino a quando la lezione della SMA ha insegnato che, più ci si porta al principio del processo patologico, maggiori sono le opportunità di successo. Specialmente in caso di somministrazione sistemica della terapia. Considerato anche l’annoso capitolo dell’immunizzazione, esiste una sola possibilità di iniettare il più alto quantitativo di particelle virali con cui sortire un effetto, pertanto nei protocolli più moderni si punta alle fasce più giovani di pazienti, che conservano certi parametri fisici di forza e movimento”.

Questa filosofia è la risultante dell’effetto innescato dalla ricerca nel campo di malattie neurodegenerative come la SMA in cui si sono visti incredibili benefici nei bambini trattati precocemente. “Nel caso delle distrofie dei cingoli interviene il discorso dell’infiammazione a livello del muscolo e il tentativo di sviluppare vettori che riducano il più possibile l’eventualità di una reazione immunitaria, aprendo le porte a future terapie geniche che prevedano ripetute somministrazioni”, precisa Torrente. “In tutti i casi però assistiamo a un cambio radicale nella gestione del paziente, con l’introduzione di nuovi esami clinici e strumentali da sottoporre durante le visite di controllo. Dovremo capire se gli effetti delle terapie permangono a lungo o se, al contrario, si perderanno col tempo. Ciò apre nuovi scenari non solo di ricerca ma anche nel settore assistenziale e regolatorio”.

LE AGENZIE REGOLATORIE E I NUOVI TRIAL CLINICI

La recente decisione del Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell’EMA rispetto al rilascio dell’autorizzazione all’immissione in commercio completa per ataluren (Translarna), farmaco innovativo messo a punto per i pazienti Duchenne con mutazioni nonsenso, ha lasciato interdetta la comunità dei pazienti che pretende maggior considerazione per gli studi in Real World, indispensabili per raccogliere accurate informazioni sugli effetti delle terapie e supportare così le decisioni degli enti regolatori.

Negli Stati Uniti è più radicata l’abitudine di organizzare tavoli di discussione che coinvolgano rappresentanti dell’università e dell’industria, personale ospedaliero, esponenti del settore regolatorio e soprattutto membri delle associazioni di pazienti”, spiega Torrente. “C’è una maggior partecipazione dei pazienti al dibattito con i vertici dell’NIH e della FDA sull’autorizzazione dei nuovi farmaci e sulla conduzione dei trial clinici. Perciò la qualità di vita dei malati influenza pesantemente le decisioni riguardanti farmaci che riescano a migliorarla o preservarla a fronte del progredire della malattia. In Europa, questo tema è controbilanciato da aspetti di sostenibilità scientifica ed economica e le interazioni con le parti coinvolte sono meno dirette”.

In Europa il tema sulle approvazione dei farmaci - e delle terapie avanzate in particolare - è più frammentato: come ha dimostrato con successo il progetto retreAT, realizzato da Osservatorio Terapie Avanzate, riunire tutti i protagonisti intorno a un unico tavolo di discussione è fondamentale, seppur complicato. La sostenibilità economica resta un nodo cruciale nel vecchio Continente, come testimoniano i casi di Strimvelis e di due terapie geniche sviluppate da bluebird bio. “Il panorama è vario e articolato”, conclude Torrente. “Oltre al cambiamento che investe il ruolo del medico subentrano fattori di natura sociale ed economica che dovranno esser affrontati in maniera strutturata o il successo delle terapie avanzate sarà messo sempre più in discussione”.

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