Gli elaborati ingranaggi del processo manifatturiero stanno portando alla luce ostacoli che certe aziende di nuova generazione potrebbero contribuire a superare
Come evidenziato dal retreAT, il progetto di policy shaping di Osservatorio Terapie Avanzate, la sostenibilità delle terapie avanzate - mantra di questi ultimi anni - passa anche dall’ottimizzazione della produzione di questi innovativi ma complessi farmaci. Sta infatti crescendo l’attenzione rivolta al tema del processo manifatturiero, strettamente vincolato a quello della creazione di nuovi accordi tra le startup che sviluppano un candidato farmaco e i produttori che oltre a seguirne la produzione si occupano anche di alcuni aspetti della loro distribuzione. Tuttavia, l’impennata degli studi clinici riguardanti prodotti di terapia genica e cellulare sta superando le capacità produttive dei componenti essenziali di questi processi terapeutici dilatandone i tempi di sviluppo e allungandone il cammino verso il mercato (e di conseguenza verso i pazienti).
Una prima evidente difficoltà è insita nella natura stessa delle terapie avanzate che, come più volte sottolineato, ribalta la concezione “tradizionale” di farmaco stabilita dalla chimica per entrare nel campo della biologia. Trattamenti come le terapie geniche si ottengono dalla combinazione di componenti differenti, fra cui virus ingegnerizzati e modificati per esser innocui trasportatori di materiale genetico di sintesi. Inoltre, come avviene nel caso delle CAR-T, la raccolta delle cellule e la processazione, con le fasi di moltiplicazione ed espansione, richiede diverse settimane di attesa. Inoltre, il livello di complessità manifatturiera delle terapie avanzate è elevato almeno quanto il rischio di insuccesso - con problemi di sicurezza che rendono obbligatorio per i centri eroganti l’aderenza a stretti parametri di qualità - e ciò ha portato la scesa in campo delle grandi aziende farmaceutiche che negli anni hanno investito molto in termini di produzione.
Ciononostante, se l’orizzonte scientifico delle terapie avanzate sembra promettere ancora grandi rivoluzionari, quello produttivo potrebbe essere limitato da una scarsità di materiali tale da rappresentare un pericoloso ostacolo alla catena di produzione. Specialmente per le piccole e medie imprese nate con l’obiettivo di curare lo sviluppo di questi trattamenti: in questi contesti, infatti, i ritardi produttivi potrebbero compromettere la corsa allo sviluppo terapeutico, mettendo a serio rischio i finanziamenti necessari al sostentamento delle imprese stesse. Ugualmente la ricerca accademica, fondamentale per l’ideazione di nuovi prodotti all’avanguardia, da sola non è in grado di sostenere le costose fasi di sviluppo clinico di una terapia avanzata. I centri universitari sono incubatori di idee e di innovazione ma, senza un adeguato supporto economico, non possono tradurle in terapie. Il finanziamento statale di strutture per la produzione di CAR-T accademiche potrebbe costituire una soluzione per il domani con l’intenzione di allargare il panorama delle terapie disponibili e facilitare l’accesso ai pazienti. Ma si tratta di una strada ancora in costruzione.
Nel frattempo, le startup presenti sul mercato possono appoggiarsi ai produttori a contratto, anche se il trasferimento del bagaglio tecnologico da un piccolo laboratorio a un’organizzazione più complessa costituisce una dura sfida e richiede la risoluzione di molti problemi che insorgono in corso d’opera. L’alternativa può essere quella di mettere in piedi un proprio macchinario produttivo interno ma si tratta di una scelta ardua in termini di operatività e costosa in termini di capitali. Con un alto potenziale di fallimento se il prodotto su cui si punta non dovesse arrivare al traguardo.
Quale soluzione adottare allora? Come spiega Gwendolyn Wu in un articolo pubblicato sulla rivista Biopharma Dive “alcune startup produttive mirano a fornire alle aziende un percorso più efficiente in termini di costi per sviluppare capacità produttive interne”. Ciò significa comprendere meglio i bisogni delle giovani startup e fornire loro gli strumenti per il controllo delle materie prime e per stabilire tempi realistici ai fini della raccolta dei primi dati clinici. In pratica queste realtà si stanno ponendo come degli incubatori di impresa che, partendo dalle idee dei clienti, mettono a disposizione esperienza e strumenti per coltivarle insieme a loro e trasformarle in prodotti.
Il momento del trasferimento del processo tecnologico di produzione al di fuori dell’azienda, ai produttori a contratto, rimane un collo di bottiglia e richiede solidi investimenti di tempo ed esperienza per ottenere i risultati desiderati. “Tuttavia, l’esternalizzazione a un produttore dedicato può far risparmiare alle biotech milioni di dollari sul lungo termine, consentendo loro di destinare il denaro ad ulteriori studi clinici”, prosegue Wu nella sua analisi. “Ciò ha comportato una domanda costante per le aziende che producono farmaci per conto di altre e ha creato un giro d’affari per le nuove startup che cercano di aiutarle”.
Queste startup produttive hanno anche attratto interesse di clienti dal mondo dell’accademia e di organizzazioni no profit che avevano difficoltà a guadagnare tempo con il settore delle aziende più grandi che operano per conto terzi. ElevateBio negli Stati Uniti e Ascend Cell & Gene Therapies nel Regno Unito sono due esempi di successo di questa filosofia che sta conducendo a un cambiamento nel panorama produttivo, affiancando alle grandi case farmaceutiche e ai poli di ricerca universitari queste startup in grado di dialogare con entrambi, oltre che con varie aziende biotecnologiche. “In definitiva, un tale miglioramento della produzione potrebbe dare alle aziende l’opportunità di ripensare il prezzo delle terapie cellulari e geniche, che sono tra i farmaci più costosi da produrre”, conclude Wu, ricordando come le poche aziende che hanno raggiunto il mercato abbiano infatti tenuto conto di questi costi elevati, fissando prezzi che vanno dalle centinaia di migliaia ai milioni di dollari.
Il panorama produttivo delle terapie avanzate appare dunque in costante evoluzione, con prodotti che oggi rappresentano la punta di diamante della ricerca e che fra qualche anno potrebbero esser surclassati da nuove e più efficienti varianti. In tutto questo è possibile immaginare una commistione tra piccola, media e grande distribuzione con contratti di tipo privatistico, accademico oppure una situazione ibrida pubblico-privato. Di fatto, in questa eterogeneità, è possibile riconoscere un punto di forza per superare gli ostacoli oggi esistenti e favorire l’immissione sul mercato di prodotti che nel prossimo futuro potrebbero cambiare la storia naturale di molte malattie.