Secondo la rivista Nature sono 7 le tecnologie a cui prestare attenzione, perché potrebbero cambiare il modo di fare scienza. La maggior parte rientrano nell’ambito delle biotecnologie
Il 2022 è appena iniziato, e per la ricerca scientifica si prefigura un anno ricco di novità. Per il quinto anno consecutivo, la famosa rivista Nature ha selezionato le 7 innovazioni tecnologiche che "scuoteranno" il mondo della scienza nei prossimi mesi e probabilmente anche negli anni a seguire. Protagoniste incontrastate della rassegna sono le biotecnologie per il sequenziamento o la manipolazione del genoma a scopo terapeutico o diagnostico – ma anche le nuovissime tecniche per determinare la struttura delle proteine, il quantum computing e le indagini multiomiche. Di seguito, vi riportiamo alcune delle tecnologie riportate nell’articolo di Nature, a firma Michael Eisenstein.
SEQUENZIAMENTO DI GENOMI COMPLETI
Dagli anni Novanta, quando fu lanciato il Progetto Genoma Umano, la mappa del genoma è stata aggiornata più volte, fino alla versione del 2013: quasi completa, ma con una serie di "buchi", pari a circa il 10% del totale. A maggio del 2021, è stato scritto l’ultimo capitolo di questa saga scientifica cominciata trenta anni fa. Il consorzio Telomere-2-Telomere (T2T), fondato nel 2019, ha ottenuto la prima sequenza completa, riuscendo nella difficile impresa di assemblare anche gli ultimi pezzi di genoma che ancora mancavano alla versione del 2013. Duecento milioni di coppie di basi, per lo più sequenze ripetute, che allora era stato impossibile ricostruire e ricollocare all’interno della mappa.
Ciò che ha reso possibile, oggi, colmare queste lacune sono i nuovi metodi per il sequenziamento del genoma, cosiddetti di terza generazione. Mentre i sistemi precedenti scansionavano il DNA scomponendolo in frammenti molto corti (poche centinaia di basi), le nuove tecnologie consentono di leggere fino a decine di migliaia di basi alla volta. Questi lunghi tratti arrivano a contenere molte più coppie di basi ripetute, comprese piccole variazioni di sequenza che aiutano i ricercatori a identificare ogni segmento e a ricollocarlo correttamente nel puzzle del genoma. Secondo Nature, siamo a un punto di svolta. Da ora in poi, i ricercatori potranno assemblare - senza più lacune - i genomi completi di tutti i vertebrati.
TERAPIA GENICA MIRATA
Da tempo gli scienziati cercano il modo migliore per recapitare geni terapeutici nelle cellule o nei tessuti bersaglio. Alcuni organi, come il fegato, sono relativamente facili da raggiungere anche attraverso la circolazione sanguigna; altri, come il cervello, sono quasi totalmente inaccessibili. Per Nature, il 2022 sarà un anno importante per la ricerca sui vettori per la terapia genica. Le nuove strategie di "delivery” dei geni saranno sempre più mirate, in grado cioè di raggiungere esclusivamente gli organi bersaglio. Fino ad ora, i virus adeno-associati hanno dominato la scena, ma la situazione sta cambiando velocemente. Stanno emergendo sempre più alternative ai vettori virali, poiché questi ultimi, pur essendo deprivati dei geni della replicazione, hanno il difetto di attivare una risposta immunitaria che può distruggerli o provocare danni all’organismo.
Diversi gruppi di ricerca stanno esplorando il potenziale delle nanoparticelle di grasso come alternativa ai virus. Uno studio dell’Università del Texas ha dimostrato che cambiando la composizione delle nanoparticelle o associandole a proteine, come gli anticorpi, è possibile controllare la loro distribuzione nei tessuti. Al momento gli scienziati hanno generato particelle specifiche per la milza o il polmone, ma anche i precursori delle cellule del sangue e del sistema immunitario nel midollo osseo. Sarà questo il futuro della terapia genica.
MANIPOLAZIONE GENETICA MIRATA
Crispr-Cas9 è ormai il sistema di editing del genoma più utilizzato nei laboratori di tutto il mondo ma, almeno nella sua versione originale, ha un grande limite. Funziona molto bene quando viene usato per inattivare un gene, poiché la forbice molecolare Cas9 taglia il doppio filamento di DNA esattamente nel punto scelto dal ricercatore. Funziona meno bene, però, se si vuole modificare il gene, ad esempio per correggere una mutazione. Quando Cas9 taglia il DNA, la cellula ripara il danno riunendo le due estremità della rottura. Ma durante questo processo può esserci una perdita o una aggiunta di una o più coppie di basi, con effetti imprevedibili.
Come raccontato nella puntata dedicata all’editing genomico del podcast “Reshape – un viaggio nella medicina del futuro”, esistono ormai versioni sempre più versatili ed efficaci di CRISPR che potrebbero avere una larga diffusione nei prossimi anni per la modificazione mirata e puntuale dei geni. Due di questi nuovi approcci sono stati messi a punto dal team di David Liu dell’Università di Harvard a Cambridge.
Il primo, il sistema di "base editing", contiene un enzima che catalizza la sostituzione di una base di DNA con un’altra, introducendo modifiche mirate. Ad esempio, questa strategia è studiata in Italia per combattere malattie del sangue come l’emofilia A. Mentre, negli Stati Uniti, ha avuto l’ok dalla Food and Drug Administratione per l’avvio di uno studio clinico di Fase I per correggere il genoma di pazienti con anemia falciforme. Il secondo metodo, denominato "prime editing" è più versatile, ma ancora in fase preclinica. Cas9 è associato a un altro enzima chiamato trascrittasi inversa e a un filamento di RNA guida che contiene la sequenza che si vuole inserire. L’enzima copia l’RNA in un filamento di DNA, che sostituisce la regione-bersaglio nel genoma della cellula. L’efficienza sugli animali da laboratorio è stata del 16%. Potrebbe sembrare una percentuale bassa, ma Liu ha commentato che in alcuni casi “sostituire un gene con una efficienza del 10%, o persino dell’1%, basta per curare una malattia”.
CRISPR PER LA DIAGNOSTICA
Prima di entrare nei laboratori come strumento di ultima generazione per la modificare il genoma, CRISPR era un componente del sistema immunitario dei batteri. La sua funzione originale è, infatti, quella di proteggere il batterio dalle infezioni virali, facendo letteralmente a pezzi il DNA dell’invasore. Negli ultimi anni, diversi ricercatori hanno pensato di riportare CRISPR alle sue origini: riconoscere il genoma virale e, se possibile, distruggerlo.
I sistemi diagnostici basati su CRISPR (ne abbiamo scritto qui e qui) sfruttano le proprietà di enzimi diversi da Cas9 – quello più usato per la manipolazione genetica. Uno di questi, ad esempio, è Cas13: questo enzima si attiva quando riconosce l’RNA virale, ma esegue dei tagli anche su molecole di RNA vicine. In diagnostica, Cas13 viene associato a un RNA guida, che riconosce il materiale genetico del virus, ma anche a un secondo RNA legato a una molecola fluorescente. Quando Cas13 si attiva, taglia sia l’RNA virale che il secondo RNA, liberando la fluorescenza. Ad esempio, un gruppo di ricercatori statunitensi, tra cui la pioniera di CRISPR Jennifer Doudna, hanno usato questo sistema – collegato ad un normale smartphone - come test rapido per diagnosticare l’infezione da SARS-CoV-2.
Per il futuro, secondo Nature, ci aspettano sistemi ancora più sofisticati, con uno step di amplificazione dell’RNA virale (sensibili quindi a minuscole tracce di virus) o con enzimi che riconoscono il DNA anziché l’RNA (in grado di diagnosticare una più vasta gamma di patogeni e persino malattie non infettive).