Il libero accesso alle proprietà intellettuali potrebbe garantire ai cittadini del mondo di accedere a prezzi ragionevoli alle terapie e alle tecniche di diagnostica per SARS-CoV-2
Una delle questioni in fase di discussione in questo complicato periodo di emergenza sanitaria riguarda i regimi di proprietà intellettuale. Diversi Paesi, organizzazioni e singoli chiedono che le proprietà intellettuali siano un sostegno, e non un ostacolo, per lo sviluppo di farmaci, tecniche diagnostiche e vaccini per il virus SARS-CoV-2. La richiesta è che venga consentito il libero accesso ai brevetti o la concessione di licenze a condizioni ragionevoli e convenienti per qualsiasi farmaco, terapia avanzata, vaccino o tecnica diagnostica per combattere la pandemia. Tutto questo per garantire ai cittadini del mondo l’equità di trattamento. Un progetto con il coinvolgimento di enti, aziende e istituzioni a livello globale potrebbe essere la soluzione?
La storia della lotta contro l'HIV/AIDS dimostra la necessità di una cooperazione internazionale per garantire l'accesso all'assistenza sanitaria a un prezzo equo. L’attuale emergenza sanitaria apre le porte a un mercato sanitario d’interesse per le aziende farmaceutiche e, proprio per questo motivo, i brevetti sono un tema “caldo”. In una crisi socio-economico-sanitaria come quella causata da COVID-19, le restrizioni della proprietà intellettuale non dovrebbero minacciare l'accesso dei pazienti a potenziali trattamenti, vaccini e tecniche diagnostiche all’avanguardia. Diversi Paesi hanno reagito a questa situazione per cercare una possibile soluzione per permettere alla popolazione – anche nei Paesi in via di sviluppo e a basso reddito - di avere la garanzia dei trattamenti disponibili. Infatti, per limitare la possibilità di imporre prezzi eccessivi per i medicinali brevettati, i singoli Paesi appartenenti alla World Trade Organisation (WTO) possono concedere licenze obbligatorie che consentano ad altri di produrre il farmaco e/o di importare la versione generica. Un atteggiamento di questo tipo è la risposta alla crescente angoscia per la difficoltà di reperimento di alcuni medicinali e l'aumento del costo dei farmaci in sperimentazione per il trattamento dell’infezione virale COVID-19.
L’accordo riguardante i diritti di proprietà intellettuale (Agreement on Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights - TRIPS) è stato allegato nel 1994 al documento che istituisce la WTO. L’articolo 31 di questo accordo prevede il diritto degli Stati membri di includere nella loro legislazione una disposizione per l'uso del brevetto senza autorizzazione del titolare per facilitare l’accesso ai farmaci (la cosiddetta ‘licenza obbligatoria’), in circostanze di emergenza e altre situazioni non convenzionali. L'articolo 5 della Dichiarazione di Doha, come riportato sul sito web della World Trade Organization, conferma che gli Stati membri della WTO hanno “la libertà di determinare i motivi per la concessione di licenze obbligatorie e che le crisi sanitarie pubbliche, comprese quelle legate alle epidemie di infezione da virus dell'immunodeficienza umana (HIV), tubercolosi, malaria e altre malattie, possono rappresentare un'emergenza nazionale o altre circostanze di estrema urgenza”. Un Paese può quindi concedere tale licenza a un'agenzia pubblica o a un produttore di farmaci generici, consentendogli di copiare un farmaco senza il consenso della società che detiene il brevetto.
Diversi stati hanno già agito in base a questa possibilità: tra questi, Israele ha approvato una licenza per l'acquisto del generico della pillola per l'HIV Kaletra® (lopinavir/ritonavir); il Cile ha concesso le licenze per qualsiasi farmaco, vaccino o metodo diagnostico per il SARS-CoV-2; l’Assemblea Nazionale dell’Ecuador ha approvato un documento simile; e il governo del Costa Rica ha inviato una lettera all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in cui si chiede di raccogliere i diritti di brevetto, i dati dei test normativi e tutte le altre informazioni che potrebbero essere condivise per lo sviluppo di farmaci, vaccini e diagnostica nell’ambito dell’emergenza Coronavirus. Anche l’Unione Europea ha redatto un documento in cui si chiede all’OMS di mettere a disposizione di tutti la proprietà intellettuale come parte di un piano per garantire "un accesso equo" ai vaccini, alle cure e ad altri prodotti medicinali per combattere la pandemia.
La sfida è quella di creare un ambiente favorevole a velocizzare il più possibile i processi per assicurare prodotti sicuri ed efficaci a chiunque ne abbia bisogno. “Fermeremo la COVID-19 solo attraverso la solidarietà", ha affermato il dottor Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell'OMS. "I Paesi, i partner sanitari, i produttori e il settore privato devono agire insieme e garantire che i frutti della scienza e della ricerca possano andare a beneficio di tutti".
Una lunga lista di Paesi, aziende e ONG si sono quindi impegnate a partecipare a un progetto guidato dall’OMS, una collaborazione senza precedenti perchè “Nessun Paese e nessuna organizzazione può farcela da sola". La creazione dell’iniziativa "Access to COVID-19 Tools Accelerator" è la risposta ai numeri elevati di questa pandemia. Il 24 aprile c’è stato un primo evento virtuale, organizzato in collaborazione con l'Organizzazione Mondiale della Sanità, il Presidente della Francia, il Presidente della Commissione Europea e la Fondazione Bill & Melinda Gates. All'evento si sono uniti il Segretario Generale dell'ONU, il Presidente della Commissione dell'UA, il Presidente del G20, i capi di Stato di Francia, Sudafrica, Germania, Vietnam, Costa Rica, Italia, Ruanda, Norvegia, Spagna, Malesia e Regno Unito (grandi assenti: USA e Cina). Anche i leader sanitari della Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (CEPI), GAVI-the Vaccine Alliance, il Fondo globale, l'UNITAID, il Wellcome Trust, l’International Red Cross and Red Crescent Movement (IFRC), la Federazione internazionale dei produttori farmaceutici (IFPMA), il Developing Countries Vaccine Manufacturers' Network (DCVMN) e l'International Generic and Biosimilar Medicines Association (IGBA) si sono impegnati in questa innovativa collaborazione. Ad essi si aggiungono Ngozi Okonjo-Iweala, Presidente del Consiglio di Amministrazione di Gavi (The Vaccine Alliance) e Sir Andrew Witty, ex CEO di GlaxoSmithKline.
Il 4 maggio i vari partner hanno dato avvio all’iniziativa di raccolta fondi ‘Risposta globale al coronavirus’: una maratona mondiale con l’obiettivo di raccogliere 7,5 miliardi di euro destinati a “garantire lo sviluppo collaborativo e la disponibilità universale di vaccini e di strumenti diagnostici e terapeutici per il coronavirus”. Nel giro di 24 ore il risultato della mobilitazione a livello mondiale ha registrato impegni di finanziamento per 7,4 miliardi di euro, compresi 1,4 miliardi di euro della Commissione Europea. La cifra iniziale non basterà a coprire tutte le spese, ma è un buon inizio che può portare alla mobilitazione di altre risorse all’interno della finestra temporale della collaborazione, che dovrebbe essere di 2 anni. Per le prossime tappe si prevede il coinvolgimento della società civile grazie alle Organizzazioni Non Governative.
A livello scientifico, sanitario e burocratico ci sono ancora molti dubbi su questo virus e le conseguenze che avrà sull’umanità. L’unica cosa certa è che la collaborazione tra gli Stati, piuttosto che la divisione, sarà fondamentale per reagire e superare la situazione di emergenza pandemica, ancora gravemente in atto.