Per un neurochirurgo la possibilità di riparare una lesione dei nervi costituisce il sogno di un’intera carriera. Le fibre nervose dei mammiferi adulti, infatti, hanno tassi di rigenerazione molto bassi che rendono difficile il processo di riparazione delle lesioni. Ecco perché certi traumi del midollo spinale comportano la paralisi degli arti. Recentemente si è molto discusso dei risultati di uno studio svedese nel quale l’impiego delle cellule staminali sembrava favorire la riparazione di lesioni a danno del midollo spinale. Naturalmente si tratta di risultati ottenuti su modelli sperimentali ma per raggiungere questo straordinario obiettivo, oltre che sulla terapia cellulare, la ricerca si sta concentrando anche sullo studio dei nanomateriali.
Lo scorso settembre, Fitbit ha ricevuto l’autorizzazione denominata 510(k) dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense e il marchio Conformité Européenne (CE) nell’Unione Europea, grazie alla sua app per l’elettrocardiogramma in grado di misurare il battito cardiaco e rilevare potenziali segni di fibrillazione atriale. L’app per ECG è disponibile da questo autunno per gli utenti che hanno il modello Fitbit Sense™ nei seguenti Paesi: Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Austria, Lussemburgo, Paesi Bassi, Svezia, Svizzera, Repubblica Ceca, Polonia, Belgio, Portogallo, Romania, Irlanda, Italia, Spagna, Francia, Hong Kong e India.
“È stata una grandissima soddisfazione, perché è la prima volta che questo premio viene assegnato a un ricercatore che lavora in Italia. Di solito vengono premiati studiosi di Harvard o Stanford, negli Stati Uniti, ma stavolta è andata diversamente”, afferma, onorata, Raffaella Di Micco, ricercatrice e alla guida di un team di ricerca presso l’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget). “Hanno premiato me, finanziando la mia ricerca con 1,5 milioni di dollari; questo significa che hanno riconosciuto la mia carriera, ma anche il valore scientifico della proposta di ricerca e l’autorevolezza dell’istituto in cui lavoro, che è un’eccellenza mondiale nel campo delle terapie geniche”.
Forse qualcuno ricorda la storia di Jesse Gelsinger, un diciottenne americano che nel 1999 si offrì volontario per una sperimentazione sugli effetti della terapia genica per la cura del deficit di ornitina transcarbamilasi. A quel tempo i Comitati Etici erano molto più severi circa la partecipazione di bambini e giovani, e Jesse - che soffriva di una forma lieve della patologia - si fece avanti e fu inserito nel primo studio clinico per la nuova terapia genica. Studio che gli fu fatale. Tutto questo riporta alla mente quanto sta accadendo oggi nel percorso di sviluppo di un vaccino contro il virus SARS-CoV-2 dal momento che sono migliaia le persone nel mondo che si stanno offrendo volontarie per gli studi clinici.
Website by Digitest.net