cuore, terapia genica

Lo studio clinico di Fase II sarà condotto negli Stati Uniti per valutare l’efficacia e la sicurezza di una nuova strategia che trasporta il gene per una proteina terapeutica direttamente nel cuore

Solo pochi animali, da adulti, conservano la capacità di rigenerare spontaneamente il tessuto cardiaco. Negli esseri umani il cuore non si rigenera, o lo fa a un ritmo così lento da non riuscire a contrastare il danno causato da patologie come l’infarto o l’insufficienza cardiaca. Ma le terapie avanzate possono agire su un cuore danneggiato, rigenerando il tessuto perso o invertendo la traiettoria della malattia. Questa è la scommessa di AskBio, l’unità di terapia genica di Bayer, che sta sperimentando una terapia genica basata su un virus adeno-associato (AAV) per ripristinare la funzione cardiaca. I risultati del trial di Fase I sono stati presentati al Congresso Annuale dell’American Heart Association, e ora è in avvio lo studio di Fase II che avrà una durata di 3 anni.

Circa 26 milioni di persone in tutto il mondo vivono con l'insufficienza cardiaca congestizia, che si verifica quando il cuore non riesce a pompare il sangue in modo efficiente per soddisfare le esigenze del corpo e fornire ossigeno agli organi. Il cuore non riesce a stare al passo perché risulta debole o rigido: le cause più comuni sono l’ischemia, il restringimento o l’ostruzione delle arterie coronariche, che portano il sangue e i nutrienti al cuore. L’insufficienza cardiaca congestizia colpisce persone in tutte le fasce di età, ma è più frequente negli anziani, che sono i più predisposti alle malattie che indeboliscono il muscolo cardiaco. 

IL SACRO GRAAL DELLA RICERCA CARDIOLOGICA

La possibilità di rigenerare il tessuto di un cuore infartuato o malato è stata definita il Sacro Graal della ricerca cardiologica. Nel corso degli anni, ha guidato l’ingresso di questa disciplina nel mondo delle terapie cellulari e geniche, per curare forme gravi di cardiopatia ischemica, come lo scompenso cardiaco avanzato e l’angina refrattaria, ma anche le cardiopatie congenite.

Sul versante della rigenerazione cardiaca, le cellule staminali sono le assolute protagoniste, anche se la loro capacità di sostituire i cardiomiociti danneggiati è ancora parzialmente da dimostrare. Sono in corso studi clinici in diverse fasi con le cellule staminali mesenchimali (MSC), le più promettenti finora perché possono formare sia i cardiomiociti sia le cellule vascolari che ricoprono le vene e le arterie del cuore.

Ma le cellule staminali non sono l’unica opzione: nel 2019 uno studio pubblicato su Nature ha esplorato la potenzialità dei micro-RNA per stimolare la rigenerazione cardiaca e il recupero della funzionalità dopo un infarto, con risultati promettenti sui topi e sui maiali.

Altre strategie mirano direttamente a ridurre o addirittura a invertire la progressione del danno al cuore. Due anni fa ad esempio uno studio pubblicato su Science ha esplorato la possibilità di riprogrammare i linfociti T dei pazienti – come si fa con le terapie CAR-T contro i tumori – per contrastare il materiale fibroso che provoca l’irrigidimento e l’indebolimento del muscolo cardiaco.

UNA NUOVA TERAPIA GENICA

La terapia genica e l’editing genomico, invece, permettono di correggere i meccanismi molecolari alla base della patologia, sostituendo i geni “difettosi” o introducendo geni che codificano per proteine terapeutiche. Qualche anno fa, i ricercatori hanno testato una terapia mediata da un virus adeno-associato per trasportare il gene LAMP2, che è mutato nella malattia di Danon, una condizione rara e fatale che causa insufficienza cardiaca.

AskBio sta scommettendo su una nuova terapia genica, AB-1002, basata su un virus adeno-associato che trasporta un gene che codifica per una proteina chiamata inibitore-1, che blocca l’attività della proteina fosfatasi 1 (PP1). I pazienti che soffrono di patologie che colpiscono il cuore spesso presentano un aumento di questa proteina, che è stata quindi associata all’insufficienza cardiaca.

Lo studio clinico di Fase I è stato condotto su 11 pazienti. I dati, presentati al Congresso Annuale dell’American Heart Association (AHA) lo scorso novembre, indicano risultati preliminari di efficacia e l’assenza di effetti avversi gravi legati al trattamento. Sono stati rilevati miglioramenti clinicamente significativi nella frazione di eiezione del ventricolo sinistro (LVEF), una misura delle prestazioni cardiache, e nei test di esercizio cardiopolmonare e di camminata nei pazienti che avevano completato i 12 mesi di follow-up. 

LO STUDIO DI FASE II

Il nuovo studio, denominato GenePHIT, è un trial di Fase II - randomizzato, in doppio cieco e con placebo - che prevede la partecipazione di 150 pazienti con cardiomiopatia non ischemica e insufficienza cardiaca, a cui verrà somministrata una singola infusione intracoronarica della terapia genica o di placebo. Lo studio sarà condotto in tre centri clinici negli Stati Uniti.

L'analisi primaria avrà luogo a 52 settimane ed esaminerà i tassi di morte cardiovascolare e ospedalizzazione, nonché la capacità di esercizio fisico, la funzione cardiaca e i livelli di ossigeno nel sangue dei pazienti. I pazienti saranno seguiti per almeno tre anni per valutare la sicurezza e l'efficacia a lungo termine di AB-1002.

“Sebbene la gestione attuale abbia migliorato la sopravvivenza nei pazienti con insufficienza cardiaca congestizia, la maggior parte delle terapie non tratta le cause sottostanti, di conseguenza lo standard di cura attuale non inverte la traiettoria della malattia che va verso l'insufficienza cardiaca terminale e la morte”, ha dichiarato Timothy Henry del The Christ Hospital di Cincinnati, coordinatore dello studio. La speranza è che questa terapia riesca invece a invertire la progressione del danno, migliorando la qualità di vita dei pazienti.

Con il contributo incondizionato di

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