L’RNA - e, in particolare, l’RNA messaggero - sta vivendo il suo momento d’oro e il settore dei farmaci e vaccini basati su questa molecola sta letteralmente esplodendo. Nonostante la ricerca in questo campo sia iniziata almeno 30 anni fa, prima della pandemia COVID-19 il settore delle cosiddette “RNA therapies” non era ancora così conosciuto.
L’mRNA è fondamentale per la nostra sopravvivenza perché è la molecola addetta a veicolare le istruzioni contenute nel genoma per far si che siano trasformate nel prodotto finale funzionante: le proteine. Utilizzando RNA sintetici si potrebbero quindi trasmettere informazioni specifiche all’interno delle cellule senza andare a modificare le istruzioni del DNA: questa è l’idea su cui si basa l’utilizzo dell’mRNA a scopo terapeutico, con l’obiettivo è quello di trasformare le cellule in una “fabbrica” di farmaci su richiesta.
Le terapie che hanno come bersaglio l'RNA, “RNA targeted therapies” in gergo scientifico, sono per lo più strategie basate su corte molecole di RNA o di DNA – chiamate oligonucleotidi antisenso - che agiscono modulando l’espressione dell’RNA messaggero mediante il meccanismo di “RNA interference” (che porta alla degradazione dell’mRNA, silenziando il gene) o di regolazione dello “splicing” cioè del processo di maturazione dell’mRNA (in questo caso si ha una modulazione dell’espressione del gene o la produzione di una proteina leggermente diversa).
Sono tra le tecnologie più rilevanti in ambito biotecnologico: riuscire a modulare l’mRNA in maniera precisa ed efficace permette di regolare l’espressione del prodotto di un gene senza cambiare il codice genetico originario, differenziandosi così dalla terapia genica e dall’editing genomico che hanno l’obiettivo di correggere il difetto genetico agendo direttamente sul DNA. L’RNA è di grande interesse anche per lo studio di terapie personalizzate. Pur essendo terapie molto innovative, non rientrano nella definizione tecnica di Advanced Therapy Medicinal Product (ATMP), quindi non sono terapie avanzate.
I vantaggi delle terapie che hanno come bersaglio l’RNA sono la reversibilità, poiché non viene modificato direttamente il DNA; la specificità con cui agiscono le molecole “interfering” o “antisenso”; e la facilità con cui vengono disegnate e sintetizzate. Inoltre, agire sull’RNA aumenta in maniera considerevole il numero e la tipologia di target che possono essere bersagliati a scopi terapeutici. Infatti, è possibile disegnare molecole dirette contro sequenze di RNA che codificano per proteine strutturali o fattori di trascrizione, ma anche verso RNA non codificanti ma comunque coinvolti in processi fisiopatologici come i microRNA. Attualmente sono state sviluppate, o sono in via di sviluppo, terapie per malattie metaboliche, neuromuscolari e neurodegenerative, infettive, cardiovascolari e tumorali.
A questo si aggiunge tutta la ricerca sui vaccini a RNA, ormai noti al grande pubblico perché protagonisti della strategia vaccinale per combattere SARS-CoV-2. La pandemia ha, infatti, dato la spinta allo sviluppo di nuove piattaforme di produzione di vaccini, di cui l'mRNA è l'esempio più ovvio, e a un dibattito sul modo più efficace per produrre rapidamente vaccini protettivi di massa in caso di emergenze sanitarie.
I vaccini a RNA sono composti da un filamento sintetico di RNA messaggero racchiuso in una nanoparticella lipidica che ha il compito di trasportarlo all’interno delle nostre cellule: non contenendo le informazioni per la produzione del virus completo, il vaccino non può causare l’infezione vera e propria, ma la proteina prodotta dalle cellule è in grado di attivare il sistema immunitario umano. Anche se sviluppata per il COVID-19, questa strategia viene oggi studiata per lo sviluppo di vaccini per diverse altre malattie.
La sperimentazione clinica con oligonucleotidi antisenso nata dal loro impegno è considerata uno dei trial più interessanti del 2025. Ma questa coppia di sposi sta perseguendo anche altre strade per bloccare l’insorgere delle malattie da prioni. Nell’estate del 2024 hanno pubblicato su Science uno studio eseguito sui topi con l’editing epigenetico (ne abbiamo parlato qui). Mentre nel gennaio del 2025 i loro esperimenti con il base editing sono usciti su Nature Medicine. Eppure, prima di scoprire di avere una mutazione che nel giro di due o tre decenni l’avrebbe condannata a morire di insonnia familiare fatale (FFI), Sonia Vallabh era una giurista neolaureata e suo marito Eric Minikel si occupava di pianificazione urbana.
Le terapie contro il melanoma stanno attraversando una fase di profondo rinnovamento grazie a strategie innovative che mirano a potenziare la risposta immunitaria, dalla sperimentazione di un vaccino a mRNA all’uso di linfociti infiltranti il tumore (TIL), fino alle combinazioni con virus oncolitici. Abbiamo intervistato il dottor Paolo Ascierto - direttore dell'Unità di Oncologia dell'Istituto Nazionale Tumori Fondazione Pascale di Napoli e figura di riferimento internazionale nel campo dell'immunoterapia oncologica – che ci ha illustrato lo stato dell’arte degli studi clinici in corso e le sfide future. Le terapie emergenti potrebbero trasformare radicalmente il trattamento del melanoma nei prossimi anni, ma restano aperte questioni delicate legate all’accessibilità e alla sostenibilità di questi approcci.
Modificare l’RNA promette soluzioni più sicure e flessibili rispetto alle tecniche che alterano permanentemente il genoma, come la terapia genica e CRISPR. L'editing dell'RNA si propone di correggere i difetti genetici senza modifiche permanenti al DNA, rendendo più gestibile l'intervento e riducendo i potenziali rischi. Infatti, mentre il DNA contiene le istruzioni per creare le proteine, l'RNA messaggero è la copia che trasmette queste informazioni ai ribosomi, i complessi molecolari che costruiscono le proteine. L'editing dell'RNA prevede di modificare solo la copia dell’informazione genetica - senza toccare in maniera irreversibile l’informazione stessa (il DNA) - per correggere errori genetici prima che diventino proteine disfunzionali. Non si tratta di una tecnica che vuole sostituire CRISPR, o altri approcci, ma di un’opzione in più per trattare malattie che oggi non hanno altre possibilità di cura.
I segmenti di DNA che contengono mutazioni nocive, come quelle che producono una interruzione nella traduzione dell’informazione genetica e portano alla produzione di proteine “tronche”, possono compromettere gravemente la produzione di proteine vitali per il funzionamento cellulare. Grazie all’utilizzo degli oligonucleotidi antisenso (ASO) è possibile interferire con questo meccanismo e correggerlo, offrendo una soluzione ad alcune malattie. Nello specifico, la terapia sperimentale STK-001 (di cui abbiamo già parlato qui) ha nel mirino la mutazione nel gene SCN1A che colpisce la maggior parte dei pazienti con la sindrome di Dravet. Una strategia terapeutica illustrata da Cormac Sheridan in un articolo su Nature Biotechnology.
Non è esagerato affermare che la storia dei vaccini a mRNA coincida con la parabola personale di Katalin Karikó, la ricercatrice ungherese che l’anno scorso ha condiviso col collega Drew Weissman il Premio Nobel per la Fisiologia o la Medicina. Ma se è altrettanto vero che è stata la pandemia da COVID-19 a “sbloccare” i finanziamenti per questo filone di ricerca, occorre precisare che l’impiego delle tecnologie a RNA va oltre le malattie infettive, per lanciare la sfida al cancro. Lo dimostra una recente notizia proveniente dal Regno Unito dove è stato somministrato il primo vaccino a mRNA, prodotto dall’aziende BioNTech, a un paziente affetto da carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC), una delle più diffuse e pericolose forme di tumore.
Dato che tutte le nostre cellule contengono le stesse informazioni sotto forma di DNA, cosa fa sì che solo determinati geni vengano trascritti in mRNA e poi tradotti nelle proteine specifiche del tessuto e al momento giusto? In poche parole, come viene regolata l’attività genica nelle cellule? La risposta a queste domande si trova proprio nella descrizione del 114esimo Premio Nobel per la Fisiologia o Medicina annunciato ieri, lunedì 7 ottobre. Victor Ambros, Silverman Professor di Scienze Naturali alla University of Massachusetts Medical School, e Gary Ruvkun, professore di Genetica presso la Harvard Medical School, sono stati premiati con il Nobel per la scoperta di piccole molecole che hanno permesso di scrivere un nuovo interessante capitolo sulla regolazione genica: i microRNA.
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