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Uditi Saraf non si è salvata ma gli sforzi avviati per lei potrebbero aiutare a scrivere il lieto fine per altri malati in attesa di terapie avanzate salvavita   

L’encefalopatia familiare con corpi d’inclusione di neuroserpina (FENIB) è una malattia neurodegenerativa rara e senza cura, dovuta all’accumulo di proteine tossiche nel cervello. A seconda della specifica mutazione che la causa può avere un esordio più o meno tardivo. Nel caso di Uditi Saraf, una ragazza indiana, i primi sintomi hanno iniziato a manifestarsi presto, a 9 anni di età. Vedendola peggiorare, i genitori hanno deciso di farne sequenziare il genoma, individuando il difetto genetico e diagnosticando la patologia. La loro corsa contro il tempo per cercare di salvare la figlia è stata raccontata in un articolo pubblicato lo scorso 12 giugno su Nature, che offre anche uno scorcio sugli sforzi dell’India per rendere più accessibili i trattamenti dell’era genomica.

La ragazzina indiana ha iniziato a stare male nello stesso anno in cui la tecnica CRISPR è stata inventata. L’anno in cui ha ricevuto la diagnosi di FENIB è lo stesso in cui è stato messo a punto il “base editing”, un’evoluzione di CRISPR particolarmente adatta per correggere le mutazioni puntiformi. Purtroppo questi avanzamenti non hanno fatto in tempo ad aiutare Uditi, che è morta a vent’anni, un mese prima dall’approvazione di Casgevy, il primo trattamento a base di CRISPR indirizzato contro un’altra malattia genetica molto diffusa in India: l’anemia falciforme. Se fosse sopravvissuta solo qualche mese in più, probabilmente, sarebbero riusciti a somministrarle il trattamento sperimentale sviluppato a tempo di record per lei tra New Delhi e Bangalore. Ma sarebbe stato troppo tardi comunque, perché l’encefalopatia aveva già ucciso troppi neuroni. La vita di Uditi e la traiettoria di sviluppo di CRISPR, insomma, si sono sfiorate ripetutamente, senza mai toccarsi davvero, ma questa drammatica storia offre comunque delle lezioni utili per il futuro delle terapie avanzate per le malattie rare. Come hanno ribadito più volte diversi specialisti, tra cui Fyodor Urnov, il sistema attuale di sperimentazione e autorizzazione prevede procedure troppo lente e ridondanti per poter realizzare in pieno il potenziale terapeutico dell’editing. La famiglia di Uditi era abbastanza ricca da potersi permettere di finanziare delle attività di ricerca, ma i costi di una cura genomica personalizzata sono talmente elevati da rendere questa via impraticabile per la gran parte dei malati, a meno di innovazioni sostanziali come quelle che l’India sta provando ad apportare nel settore delle cellule CAR-T e nell’editing per l’anemia falciforme (Osservatorio Terapie Avanzate ne ha parlato qui e qui) .

Nel caso di Uditi le difficoltà erano notevoli, perché le cellule cerebrali non possono essere corrette al di fuori del corpo come si può fare per le malattie genetiche del sangue. La sua patologia inoltre è poco studiata, perché troppo rara per suscitare l’interesse di società biotech e industrie farmaceutiche. È possibile che l’encefalopatia di tipo FENIB sia sottodiagnosticata, perché si manifesta con sintomi simili alla demenza e raramente si procede con il sequenziamento del genoma se a esserne colpiti sono pazienti in là con gli anni. I casi più aggressivi e precoci comunque si contano sulla punta delle dita: l’India stima di avere 100 milioni di malati rari, ma Uditi è stata la prima persona a ricevere questa particolare diagnosi. Esiste un solo laboratorio al mondo specializzato in questa encefalopatia, all’Università Sapienza di Roma. A occuparsene è la ricercatrice di origini spagnole Elena Miranda, che a Nature ha detto di conoscere solo altri tre pazienti con la stessa mutazione di Uditi: una A (adenina) al posto della G (guanina) nel gene che codifica la neuroserpina. Una singola lettera sbagliata è sufficiente per far sì che la proteina formi dei polimeri all’interno dei neuroni, danneggiandoli irrimediabilmente. Rimediare ai refusi è la specialità dei correttori di basi, i modelli avanzati di CRISPR che sono in grado di convertire chimicamente le lettere del DNA. Ad esempio è stato dimostrato nel topo che un “base editor” può correggere il refuso responsabile della progeria, allungando la vita degli animali che altrimenti invecchierebbero precocemente

L’idea di ricorrere al base editing nel caso di Uditi è venuta al neurologo Orrin Devinsky del NYU Langone Health di New York City, quando la famiglia si è trasferita negli Stati Uniti per cercare la migliore assistenza possibile. Il centro statunitense ha messo insieme un team dedicato, composto di genetisti e neuroscienziati, per condurre i primi studi, a cominciare dalla correzione della mutazione su cellule coltivate in vitro. Una volta tornati in India, i coniugi Rajeev and Sonam Saraf hanno deciso di finanziare anche un secondo gruppo a New Delhi, rivolgendosi a Debojyoti Chakraborty dell’Istituto di genomica del Council of Scientific and Industrial Research che si stava già distinguendo nel campo dell’editing per l’anemia falciforme. Serviva un vettore virale capace di portare le molecole necessarie per l’editing fino alle cellule cerebrali e la scelta è caduta su un virus adeno-associato (AAV9) da mettere a punto in un nuovo centro che stava sorgendo a Bangalore grazie agli sforzi di Arkasubhra Ghosh, del Narayana Nethralaya Eye Hospital. Bisognava trovare il modo di suddividere l’ingombrante carico molecolare in due parti, in modo da veicolarle separatamente e poi ricongiungerle. Ed era necessario svolgere test preclinici anche sul topo, per raccogliere dati preliminari sulla sicurezza della procedura.

Per guadagnare tempo, inoltre, si è deciso di preordinare in anticipo i reagenti per il futuro trattamento, a cominciare dagli anticorpi anti-neuroserpina gentilmente forniti dal gruppo di Roma. Facendo correre le attività in parallelo, anziché in successione, si sperava di procedere con la somministrazione tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024. Purtroppo Uditi se n’è andata prima, lo scorso ottobre, dopo una polmonite. Il lavoro in India comunque non si è fermato, e il prossimo malato di FENIB non dovrà aspettare che si ricominci tutto da capo.

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