terapia genica, fegato, acidemia metilamonica

Una partnership tra l’Istituto San Raffaele Telethon e l’azienda biotecnologica milanese Genespire per lo sviluppo di una di una strategia terapeutica basata sui vettori lentivirali

Il fegato è la fucina metabolica dell’organismo, sede di produzione e smistamento di un’impensabile quantità di molecole necessarie alla sopravvivenza: dalla sintesi di proteine plasmatiche, fattori della coagulazione e composti azotati non proteici (purine, pirimidine e urea), all’accumulo di acidi grassi, fosfolipidi, trigliceridi, colesterolo, vitamine (come la B12) e acido folico fino alla produzione della bile e alla regolazione della funzione protettiva (attraverso le cellule di Kupffer). Perciò sviluppare terapie geniche contro malattie che interessano il fegato è l’obiettivo di molti ricercatori tra i quali il dottor Alessio Cantore, group leader dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget) e ricercatore all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Con il suo team sta lavorando all’ingegnerizzazione di vettori lentivirali per la correzione in vivo dei difetti genici associati ad alcune gravi malattie metaboliche.

L’idea di una terapia genica per il fegato nasce per poter offrire una soluzione efficace contro malattie genetiche rare che danneggiano le funzioni epatiche”, spiega Cantore. “Essendo, infatti, demandata a quest’organo la produzione di alcune sostanze fondamentali in circolo nel sangue, i malfunzionamenti delle sue cellule causati da mutazioni ereditabili sono all’origine di un gran numero di malattie nelle quali vengono a mancare alcune proteine chiave”. Un esempio è l’emofilia, causata dalla carenza di molecole (rispettivamente il fattore VIII nel caso dell’emofilia A e il fattore IX nell’emofilia B) indispensabili nella catena di coagulazione del sangue. Altri esempi si ritrovano tra le malattie del metabolismo, in cui la mancanza di enzimi cruciali per certi processi è causa di una serie di sintomi da cui è interessato il fegato insieme ad altri distretti dell’organismo. Nel gruppo delle malattie metaboliche rientra l’acidemia metilamonica (MMA), una rara patologia causata da un difetto enzimatico nell’ossidazione degli aminoacidi che porta l’organismo in una grave condizione di acidosi metabolica. La MMA è oggetto degli studi di Cantore che spera di poter trattare questa malattia (ma non solo) con una terapia genica destinata alle cellule del fegato. “Il nostro obiettivo sono gli epatociti, per correggere il difetto alla base della malattia e ripristinare il processo biologico difettoso”, prosegue Cantore. “Attualmente esistono diverse tipologie di terapia genica basate sull’utilizzo di vettori sia adeno-associati (AAV) che lentivirali (LV). Il nostro gruppo sta lavorando su una terapia genica in vivo che prevede l’infusione del vettore lentivirale contenente la copia corretta e funzionante del gene difettoso da far esprimere direttamente nelle cellule epatiche del paziente. Fino ad oggi non era mai stata sperimentata una terapia genica in vivo basata su questa tipologia di vettori derivanti dal virus dell’HIV - il professor Luigi Naldini, Direttore dell’Istituto Telethon San Raffaele per la Terapia Genica, è stato il primo a ingegnerizzarli e trasformarli in strumenti per la terapia genica”.

Cantore e Naldini hanno iniziato una collaborazione per lo sviluppo di una piattaforma terapeutica che sfrutta i LV per la correzione dei difetti genetici del fegato, a partire dall’emofilia. In realtà, in Europa sono già state autorizzate all’immissione in commercio ben tre terapie geniche da impiegare contro questa malattia del sangue - quella per l’emofilia A è disponibile anche in Italia e rimborsata dal Servizio Sanitario Nazionale - ma tutte si basano sull’utilizzo di AAV. In una pubblicazione del 2019 sulla rivista Science Translational Medicine Cantore e Naldini hanno evidenziato i limiti di questa classe di vettori virali, descrivendo al contempo i vantaggi derivanti da quelli lentivirali che hanno un’aumentata capacità di trasferire il materiale genico in modo duraturo nel tempo e un ridotto livello di tossicità. “Le terapie geniche basate su vettori di tipo AAV possono perdere la loro efficacia nel tempo dal momento che questi non permangono in maniera stabile nelle cellule durante i processi di proliferazione cellulare”, puntualizza Cantore. “Pertanto, sono difficilmente applicabili a pazienti pediatrici in cui il fegato aumenta di dimensioni e matura con la crescita e il passaggio dall’infanzia, all’adolescenza e poi all’età adulta”. Il fegato ha un elevato tasso di ricambio cellulare, quindi è necessario che la modificazione genetica apportata sia stabilmente tramandata di cellula in cellula e questo risultato può essere ottenuto grazie ai vettori lentivirali. “Nelle nostre ricerche li abbiamo modificati e ingegnerizzati e poi abbiamo concesso all’azienda biotecnologica Genespire la licenza della tecnologia con l’obiettivo di portarla verso la fase di sviluppo clinico”, aggiunge l’esperto. “La malattia su cui sperimenteremo per la prima volta la nostra nuova piattaforma terapeutica è con tutta probabilità proprio l’acidemia metilmalonica (MMA)”.

La MMA è una condizione rara - circa un bambino ogni 50-100 mila nasce con la malattia - presente in quattro diverse forme, tutte ereditabili in maniera autosomica recessiva e provocate da difetti dell’enzima metilamonil-CoA mutasi (MCM) o da altri enzimi coinvolti nella sintesi dell’adenosilcobalamina. L’acidemia metilmalonica fa il suo esordio nei primi mesi di vita del bambino, con crisi epilettiche, letargia nausea e vomito, disidratazione e rischio di coma; nel tempo può manifestarsi anche un certo grado di ritardo mentale. I sintomi sono dovuti alle elevate quantità  nel sangue e nelle urine di acido metilmalonico - spesso accompagnate da iperammoniemia e cali della glicemia. Non esiste una terapia specifica per la malattia che, attualmente, si affronta con un rigido controllo della dieta (riducendo in maniera drastica il livello delle proteine).

“Con i LV che abbiamo progettato per l’utilizzo in vivo desideriamo trasferire alle cellule del fegato il frammento del gene che codifica per la proteina funzionante e la cui mancanza solitamente causa l’accumulo dell’acido metilmalonico da cui prende il nome la patologia”, afferma Cantore. “In collaborazione con Genespire stiamo conducendo gli studi di tossicologia per valutare l’impatto dei vettori sui modelli animali e giungere successivamente alla produzione su larga scala della piattaforma genetica, in maniera tale da avviare al più presto una sperimentazione di Fase I/II sull’uomo”. A conferma delle potenzialità di questo approccio è giunto l’annuncio, a fine settembre, di un finanziamento di quasi 50 milioni di euro da parte di un fondo guidato da Sofinnova a cui partecipano diversi finanziatori internazionali: ciò con l’obiettivo di traghettare allo sviluppo clinico la terapia GENE202 per il trattamento della MMA. “Spesso i piccoli pazienti affetti da questa patologia sono costretti a sottoporsi al trapianto di fegato o a un trapianto combinato di fegato e rene”, spiega Cantore. “GENE202 consente addirittura di sovraesprimere il gene dell’enzima metilamonil-CoA mutasi, fornendo perciò una quantità di enzima superiore a quella derivante da un trapianto d’organo, nella speranza di poter ripulire efficacemente l’organismo dall’accumulo di acido metilmalonico anche in altri settori dell’organismo”.

Al di là della partnership con Genespire focalizzata sullo sviluppo clinico di GENE202, Cantore e il suo team stanno proseguendo la ricerca di base in laboratorio sui processi di maturazione delle cellule del fegato, allo scopo di comprendere a fondo come la modificazione genetica possa influire sul processo di maturazione delle cellule durante le fasi di crescita e di mantenimento nella vita adulta. “Stiamo approfondendo l’applicazione della nostra piattaforma di trasferimento genetico basata sui vettori lentivirali ad altre patologie del fegato”, conclude Cantore. “Ma senza dimenticare lo studio dei processi biologici che riguardano quest’organo così importante, con un’attenzione particolare alle patologie dell’età pediatrica in modo tale da estendere in futuro il trattamento ad ulteriori malattie genetiche del metabolismo”.

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