Ingegnerizzare i linfociti T direttamente nel corpo del paziente potrebbero rivoluzionare le terapie oncologiche, superando i limiti di produzione, di costi e di tossicità delle attuali CAR-T
Alcune scoperte hanno segnato svolte decisive in medicina: la penicillina nel 1928, la prima insulina umana ricombinante nel 1982 e, più di recente, le tecnologie di editing genomico come Crispr-Cas9, premiate con il Nobel nel 2020. Gli anni Venti di questo secolo sembrano destinati a essere quelli delle CAR-T, terapie basate sull’ingegnerizzazione delle cellule immunitarie. Già efficaci contro alcuni tumori del sangue, stanno guadagnando terreno anche in altre applicazioni, dai tumori solidi alle malattie autoimmuni. Resta però una sfida: la produzione è complessa e costosa. Per superarla, i ricercatori stanno esplorando la possibilità di generare le CAR-T direttamente nel corpo, trasformandolo in una vera e propria “bio-officina”. Una review pubblicata a gennaio su Journal Of Translational Medicine dai ricercatori della biotech Takis, unica azienda italiana impegnata su questo fronte, analizza le strategie attuali e le nuove direzioni della ricerca.
LA RIVOLUZIONE CAR-T
Le prime terapie CAR-T sono state introdotte nella pratica clinica in Italia nel 2019, da allora oltre 1.400 pazienti hanno beneficiato di questa innovativa strategia terapeutica. Le CAR-T hanno rivoluzionato il trattamento di tumori del sangue, come la leucemia linfoblastica acuta, i linfomi e il mieloma multiplo, mostrando tassi di remissione significativi nei pazienti refrattari alle terapie tradizionali. Il 2024 si è rivelato un anno cruciale, segnando l’espansione dei “superlinfociti T” verso applicazioni più ampie, come i tumori solidi – notoriamente più difficili da trattare – e le malattie autoimmuni. Due studi clinici, ad esempio, hanno documentato i benefici di questa terapia contro tumori cerebrali considerati incurabili, come il glioblastoma.
LE SFIDE E I COSTI
Nonostante i progressi, esistono ancora ostacoli nell’adozione clinica delle cellule CAR-T. Come sottolinea Eleonora Pinto, ricercatrice presso Takis e prima autrice della review: “Le cellule CAR-T si ottengono dai linfociti T del paziente, che vengono isolati dal sangue periferico, ingegnerizzati in laboratorio per esprimere un recettore chimerico (CAR) mirato a un antigene tumorale, espansi e reintrodotti nel sangue periferico del paziente. Questa procedura, che richiede strutture altamente specializzate, ha costi elevatissimi, pari a circa 400.000 dollari per paziente, rendendo difficile l’accesso a un’ampia fetta di pazienti oncologici.”
Oltre alla difficoltà legata alla produzione, un’altra sfida riguarda la tossicità delle terapie CAR-T, che possono scatenare la cosiddetta sindrome da rilascio di citochine, o “tempesta citochinica”. Si tratta di una grave reazione infiammatoria che, se non trattata correttamente, può mettere a rischio la vita del paziente.
CAR-T IN VIVO
La possibilità di generare le cellule CAR-T direttamente nel corpo del paziente potrebbe semplificare il processo di produzione, trasformando la terapia in un prodotto universale (cosiddetto “off the shelf”) e sicuro. Le cellule prodotte in vivo, infatti, costano meno e sembrano anche essere meno tossiche perché maturano in un ambiente fisiologico, permettendo una migliore regolazione della risposta immunitaria e riducendo i danni ai tessuti sani.
Mentre le CAR-T attualmente disponibili sul mercato rientrano tutte nella categoria ex vivo, sono in corso diversi studi preclinici che dimostrano la fattibilità di produrre queste cellule direttamente in vivo. Nel 2024, in Australia, è stato avviato il primo trial clinico con CAR-T in vivo su pazienti adulti con tumori maligni a cellule B recidivanti o refrattari al trattamento.
Eleonora Pinto, che alla Takis sta conducendo un progetto di dottorato mirato a creare una nuova piattaforma per la generazione delle CAR-T in vivo, spiega che “la procedura consiste nell’introdurre materiale genetico contenente le istruzioni per sintetizzare il recettore CAR mirato contro l’antigene tumorale da trattare, rendendo il paziente stesso una sorta di officina farmaceutica”. I linfociti che assorbiranno questo materiale, infatti, inizieranno a esprimere il CAR e ad attaccare le cellule tumorali.
LE STRATEGIE: VIRALI O NON VIRALI
Esistono diversi metodi per ingegnerizzare le CAR-T in vivo, che possono essere raggruppati principalmente in due categorie: virali e non virali. I vettori virali (lentivirus e retrovirus), che sono stati utilizzati anche per la produzione tradizionale ex vivo, possono essere impiegati anche per generare CAR-T in vivo, ma comportano rischi. “Questi virus – chiarisce la ricercatrice – hanno la capacità di integrare stabilmente il loro DNA, producendo un prodotto cellulare durevole, ma allo stesso tempo possono introdurre mutazioni o trasferire il materiale genetico in cellule vicine, come quelle germinali o altre cellule immunitarie. Inoltre, la produzione dei vettori virali è complessa e costosa, incrementando il costo finale del trattamento”.
Questi svantaggi hanno spinto lo sviluppo di piattaforme non virali per il trasferimento dei geni in vivo. Una delle strategie più promettenti prevede l'incapsulamento del materiale genetico, DNA o RNA, all’interno di nanoparticelle lipidiche. Queste particelle si fondono con la membrana cellulare, rilasciando il materiale genetico al suo interno. Sulla loro superficie, inoltre, possono essere inserite molecole specifiche che si legano esclusivamente ai linfociti T, garantendo che il materiale genetico giunga a destinazione.
“È fondamentale che il trasferimento del gene del CAR avvenga solo nei linfociti T”, sottolinea Eleonora Pinto. “Se accidentalmente venisse assorbito dalle cellule tumorali, le ‘maschererebbe’ alle vere CAR-T. Se, invece, fossero le cellule T regolatorie a essere trasformate, ciò potrebbe compromettere la risposta immunitaria”.
L’IMPEGNO DELL’ITALIA E DI TAKIS
Attualmente, la tecnologia per la generazione di CAR-T in vivo è stata sviluppata da alcune aziende e startup straniere. In Italia, Takis è la prima biotech a impegnarsi in questo campo innovativo. “Grazie alla nostra esperienza nello sviluppo di vettori genetici basati sul DNA, Takis sta proponendo un approccio non virale alla tecnica delle CAR-T in vivo, superando le limitazioni di sicurezza legate all’uso di vettori virali”, ha dichiarato Antonella Conforti, Responsabile Scientifica nell’area di immunologia e coordinatrice della review. “In virtù di questa expertise, Takis è coinvolta in un progetto finanziato dal PNRR e coordinato dal Centro Nazionale per lo sviluppo della terapia genica, con l’obiettivo di sviluppare questa innovativa tecnologia per la generazione di CAR-T in vivo”.