terapia genica, paraplegia spastica ereditaria di tipo 50

È stata somministrata, all’interno di uno studio clinico condotto in Canada, a un bambino di 4 anni affetto da una malattia ultra-rara che provoca la degenerazione del tratto corticospinale

L’articolo pubblicato a fine giugno sulle pagine della rivista Nature Medicine non racconta solo di una terapia genica sviluppata in maniera personalizzata, in tempi brevi e dal costo di quasi quattro milioni di dollari, per uno dei circa cento bambini al mondo affetti da una gravissima malattia neurodegenerativa - la paraplegia spastica ereditaria di tipo 50 -  ma accende una lampadina sulle opportunità e sulle criticità legate allo sviluppo di trattamenti innovativi destinati alla cura di malattie ultra-rare (di cui avevamo già parlato anche qui). Nell’arco di tre anni, infatti, i ricercatori sono arrivati a disporre di un farmaco sperimentale tagliato su misura sulle caratteristiche cliniche del giovane. Ciononostante, affinché il modello sia replicabile, bisognerà trovare soluzioni a degli interrogativi ancora aperti.

Il team di ricercatori dell’Hospital for Sick Children che ha lavorato a questo progetto, in collaborazione con il Dipartimento di Pediatrica e Genetica Molecolare dell’Università di Toronto, precisa che la paraplegia spastica ereditaria di tipo 50 (SPG50) è una candidata ideale per la terapia genica dal momento che la sequenza mutata da correggere è relativamente breve (poco più di 1300 paia di basi) e può essere ben adattata alle capacità di carico di un vettore virale adeno-associato di tipo 9 (AAV9). È stata quindi messa a punto la terapia genica sperimentale AAV9-AP4M1, pensata per intervenire sulle mutazioni nel gene AP4M1, emerse in seguito al sequenziamento dell’intero esoma (Whole Exome Sequencing, WES) di Michael, un bambino di circa quattro anni a cui era stata diagnosticata la malattia.

Quando aveva appena 18 mesi, infatti, Michael è stato visitato dai pediatri che hanno riscontrato in lui alcuni sintomi preoccupanti: non riusciva a stare seduto da solo, non camminava, non parlava ed era affetto da microcefalia. Si tratta di alcune manifestazioni della paraplegia spastica ereditaria, termine che identifica un ampio gruppo di malattie, diverse per la presentazione clinica e il difetto genetico alla base ma accomunate da una progressiva degenerazione del tratto corticospinale. Sono state eseguite analisi genetiche approfondite sul sangue di Michael che, alla fine, è risultato essere affetto dalla SPG50, una forma di malattia tanto rara da contare appena un centinaio di individui in tutto il mondo: Michael è l’unico canadese. Dopo lo shock della notizia la sua famiglia ha immediatamente dato vita a un’associazione - la CureSPG50 Foundation - con l’obiettivo di giungere a una terapia genica e, dopo molti sforzi, finalmente il trattamento è stato messo a punto.

I ricercatori canadesi hanno progettato uno studio clinico di Fase I intorno a un unico paziente e, a quasi tre anni dalla diagnosi, Michael ha ricevuto la sua terapia. A questo punto della storia verrebbe da chiedersi come sia stato possibile arrivare a disporre così rapidamente di un trattamento sperimentale ad personam (di altri casi di sviluppo di farmaci personalizzati, non sempre con buon esito, avevamo parlato qui e qui) E, soprattutto, come sia avvenuta la valutazione di efficacia. In effetti l’obiettivo principale dello studio è stato la sicurezza e, nonostante la dose somministrata - per via intratecale - sia la più elevata mai iniettata nel liquido cerebrospinale di un paziente, non ci sono stati eventi avversi nei dodici mesi successivi all’iniezione. Un fatto che si spiega anche col robusto protocollo immunosoppressivo a cui il bambino era stato sottoposto per favorire la tolleranza al trattamento. Tuttavia, va precisato che serviranno ulteriori studi su altri pazienti per avere la certezza che questa strategia sia veramente la migliore.

Per ciò che riguarda, invece, l’efficacia, le valutazioni condotte su Michael dopo il trattamento si sono avvalse dell’aiuto di diverse scale di riferimento e hanno portato in evidenza come la terapia abbia esercitato un significativo impatto sul decorso della malattia, arrestandolo e migliorando anche la qualità di vita di Michael. Ovviamente, si tratta di valutazioni ancora piuttosto preliminari che dovranno essere confermate in seguito con un follow-up a lungo termine. 

Il tema della rapidità con cui è stata sviluppata la terapia genica AAV9-AP4M1 è quello che permette di fare un maggior numero di riflessioni: l’esistenza di vettori virali AAV9 già testati in altre condizioni - tra cui la malattia CLN7 e la neuropatia con assoni giganti - è stata d’aiuto, così come la collaborazione con la CureSPG50 Foundation, grazie a cui sono state stabilite le relazioni tra i ricercatori e i partner aziendali del progetto. Sono gli stessi studiosi, nelle loro conclusioni, a ribadire la necessità di disporre di accurati modelli di malattia per accelerare i tempi di sviluppo.

“Abbiamo utilizzato i dati a disposizione sulla storia naturale della malattia, combinati con quelli pre-trattamento del paziente, per valutare l’efficacia del trattamento, una strategia potenzialmente applicabile a studi futuri”, affermano i ricercatori canadesi che comunque, sottolineano l’enorme difficoltà di raccogliere dati e stabilire risultati oggettivi e misurabili su un paziente singolo - Michael non parla e non si sottopone volentieri ai test.

Come spesso accade, anche questo progetto presenta dunque più di qualche limite ma permette di fare un ragionamento sui costi delle terapie avanzate: secondo i calcoli di Cure SPG50 Foundation, il totale delle spese di sviluppo preclinico del progetto sfiorano i tre milioni e mezzi di dollari canadesi, a cui si devono aggiungere i costi umani, le spese di ospedalizzazione, dei trattamenti concomitanti e quelle per lo sviluppo del trial. Per un totale di quasi quattro milioni di dollari in valuta canadese. Supporre di trattare cento persone a questo prezzo è una sfida difficile da raccogliere per molte aziende terapeutiche, pertanto rimane fondamentale trovare nuove ed efficienti soluzioni con cui abbassare i costi di sviluppo di queste terapie.

Negli Stati Uniti è stato avviato un trial di Fase I/II su altri due pazienti ma è chiaro che, nel prossimo futuro, servirà un cambio di paradigma (soprattutto negli ingranaggi produttivi) per allargare le parentesi della terapia genica a un numero sempre maggiore di persone.

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