Paola Cattaneo, rigenerazione cardiaca, Monzino

La ricerca della dottoressa Paola Cattaneo, del Centro Cardiologico Monzino di Milano, su nuove possibili strategie per la rigenerazione cardiaca ha ricevuto il prestigioso ERC Starting Grant 

Il tracciato normale di un elettrocardiogramma - in assenza di anomalie cardiache - ripropone ciclicamente il medesimo andamento che descrive le fluttuazioni nei potenziali d’azione delle singole fibre del cuore. Quel peculiare disegno è la rappresentazione di ogni battito che il cuore produce. Ma le cellule del cuore - i cardiomiociti – con il tempo invecchiano, perdono la loro capacità di contrarsi e, infine, muoiono come tutte le altre cellule del corpo: ciò è causa di patologie potenzialmente gravi, come lo scompenso cardiaco. La ricerca scientifica si sta adoperando per capire come interrompere - o correggere - tale processo di decadimento e, tra gli approcci di terapia genica in fase di sviluppo preclinico, c’è quello ideato da Paola Cattaneo, ricercatrice di ruolo del CNR e Group leader presso l’IRCCS Centro Cardiologico Monzino.

CARDIOMIOCITI E PROLIFERAZIONE CELLULARE

La ricerca della dottoressa Cattaneo è risultata vincitrice dell’ERC Starting Grant, il finanziamento dello European Research Council destinato a figure emergenti nella ricerca scientifica. Grazie ai fondi europei così erogati la scienziata milanese potrà realizzare il progetto per ideare innovativi trattamenti per alcune patologie cardiache - ad esempio, l’infarto del miocardio, che rimane una delle principali cause di morte nei Paesi occidentali.

“La mia ricerca ha l’obiettivo di capire quali siano i meccanismi per cui, in fase embrionale e neonatale, i cardiomiociti riescono a proliferare e quindi riparare eventuali lesioni”, commenta Cattaneo. “Tuttavia, nella fase adulta queste cellule perdono la loro capacità di dividersi, e quindi dopo un infarto (condizione in cui milioni di cardiomiociti muoiono), il cuore non riesce a rigenerare. Dopo aver identificato i processi molecolari attraverso cui i cardiomiociti nelle fasi di sviluppo embrionale rigenerano, vogliamo tentare di applicarli alle cellule di un cuore adulto danneggiato”. Ciò permetterebbe loro di “ricordare” quello che facevano nei primi stadi della loro vita, evitando condizioni quali lo scompenso cardiaco, che rappresenta l’espressione finale di una patologia cardiaca per cui il cuore non è più in grado di pompare un volume di sangue sufficiente a irrorare gli organi periferici.

Attualmente, per i pazienti affetti da scompenso cardiaco la terapia d’elezione è il trapianto d’organo”, precisa Cattaneo. “Ma con i nostri studi un giorno sarà possibile pensare di elaborare una soluzione che permetta di rigenerare i cardiomiociti prima che si instauri la necessità di un trapianto”. 

FAR “RINGIOVANIRE” LE CELLULE

Il percorso scelto da Paola Cattaneo non è il solo attraverso cui gli scienziati stanno cercando di giungere a questo complicato traguardo: negli scorsi anni, sono stati compiuti passi avanti nel processo di rimuscolarizzazione cardiaca grazie ai protocolli di terapia cellulare, in cui le cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) vengono spinte a trasformarsi in cardiomiociti che, successivamente, vengono fatti espandere e impiantati nell’organo bersaglio. “Con il nostro approccio non vogliamo impiantare nel cuore una nuova popolazione di cellule staminali o di iPSC, bensì desideriamo restituire alle cellule cardiache la loro capacità di proliferare”, puntualizza ancora Cattaneo. “Non si tratta di un vero e proprio trapianto di cellule staminali, ma di una riprogrammazione endogena”.

Attualmente, infatti, la ricercatrice - che, dopo la laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche e il dottorato di ricerca in Medicina Molecolare conseguiti presso l’Università Statale di Milano, ha perfezionato la sua preparazione presso il Dipartimento di Cardiologia dell’Università della California e l’Istituto di Rigenerazione Cardiaca di Francoforte - sta allestendo un suo team di lavoro presso l’istituto di ricerca milanese, mettendo a frutto le competenze acquisite nel campo dell’embriologia per indagare le trasformazioni che avvengono nelle cellule durante le fasi di sviluppo del cuore.

“Stiamo confrontando i cardiomiociti a diversi stadi - embrionale, neonatale, post-natale e adulto - per confrontare l’espressione molecolare di alcuni fattori”, prosegue Cattaneo. “In questo modo, tramite approcci di terapia genica possiamo silenziare oppure aumentare l’espressione di alcuni di essi, così da ricreare un profilo genomico il più simile possibile allo stadio immaturo, cioè quello in grado di proliferare”. Ciò permetterà alle cellule di far un “viaggio nel tempo” e tornare a uno stadio in cui la rigenerazione delle cellule cardiache era alla loro portata: chi afferma che il cuore non ha le sue cicatrici si sbaglia, letteralmente. Da questo filone di studio si può auspicare che possano giungere gli elementi per capire come cancellarle e restituire giovinezza ed energia alle cellule.

MICROPEPTIDI: NON SEMPRE LE DIMENSIONI CONTANO

Ma quali sono i bersagli da considerare in una tal operazione? “In passato ci siamo focalizzati su alcuni enzimi epigenetici, cioè su molecole in grado di controllare la trascrizione genica”, prosegue la ricercatrice milanese. “Ne abbiamo identificati alcuni importanti per lo sviluppo cardiaco. Con il progetto finanziato dall’ERC Starting Grant esploreremo anche una classe di proteine poco studiate, i cosiddetti micropeptidi”. Più nel dettaglio, i micropeptidi prendono parte allo svolgimento di svariati processi cellulari: possono essere modulatori di espressione, co-recettori, oppure trovarsi all’interno del nucleo. Finora, a causa delle loro piccole dimensioni e della presenza in diversi ambiti cellulari, sono stati scartati come semplice rumore di fondo ma oggi, grazie all’avanzamento tecnologico che ha prodotto metodiche di analisi più dettagliate, i micropeptidi sono tornati al centro dell’attenzione.

Tra essi, Phospholamban (PLN) ha suscitato interesse particolare: si tratta di un micropeptide che regola l’apertura di un canale del calcio all’interno delle cellule del muscolo cardiaco [lo ione Ca++ ha un ruolo centrale nella genesi dei potenziali d’azione nei nodi seno-atriale e atrio-ventricolare, che si traducono nei picchi della parte iniziale del tracciato dell’elettrocardiogramma, N.d.R.]. Mutazioni che interessano PLN sono legate all’insorgenza di alcune patologie cardiovascolari. “Sfruttando una proteomica disegnata per i micropeptidi ed eliminando tutti gli elementi di dimensioni maggiori riusciremo ad andare a fondo nella comprensione di questi elementi”, chiarisce Cattaneo. “L’obiettivo è di mappare i micropeptidi e scoprire se le mutazioni geniche ad essi associate portino a certe forme di malattia. In prospettiva, possiamo pensare di utilizzarli in un contesto di terapia genica, caricandoli all’interno di vettori virali adenoassociati (AAV) per sviluppare innovative forme di terapia”.

LA STRADA VERSO NUOVE FORME DI TERAPIA

Il progetto della dottoressa Cattaneo è ancora alla prima fase, quella dell’analisi proteomica e della costruzione di enormi dataset di genomica con tutte le proteine espresse in maniera differenziale nelle diverse fasi di sviluppo dei cardiomiociti. “In una fase successiva selezioneremo quelle di maggior interesse, che costituiscono i punti critici nei processi di trasformazione cellulare”, conclude Cattaneo. “E nella terza fase ne studieremo il potenziale terapeutico in un contesto di infarto del miocardio in un modello murino. Così potremo scoprire se, attraverso la loro espressione, sarà possibile rigenerare le cellule del cuore”.

Dagli enzimi epigenetici ai micropeptidi si sta aprendo un nuovo filone di studio per aumentare la conoscenza dei meccanismi molecolari alla base della fisiologia e della fisiopatologia del cardiomiocita. Un passaggio indispensabile per individuare potenziali bersagli terapeutici e sviluppare terapie con le quali colpire con precisione malattie estremamente diffuse e per cui non sono disponibili trattamenti efficaci. Con l’obiettivo finale di riuscire a portare queste acquisizioni in clinica, al letto dei malati.

La scoperta, che data ormai più di 15 anni, che il cuore possa rinnovarsi ha rivoluzionato la ricerca, ma non ancora la clinica”, commenta Giulio Pompilio, Direttore Scientifico del Monzino. “È importante quindi concentrare gli sforzi su questa area dalle potenzialità straordinarie. Al Monzino abbiamo creduto da subito nelle terapie rigenerative con studi clinici pionieristici di terapia cellulare con cellule staminali e terapia genica, ed oggi abbiamo importanti studi in corso sulla rigenerazione sia del tessuto che della parte vascolare del cuore. Paola Cattaneo con il suo team aprirà un nuovo orizzonte di ricerca che darà continuità e valore aggiunto ai programmi attuali. Siamo quindi soddisfatti e orgogliosi che abbia scelto il Monzino per l’attuazione della sua ricerca e l’avvio di una carriera sicuramente brillante”.

Con il contributo incondizionato di

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