Lucia Oriella Piccioni

Due approcci sono in fase preclinica, per il terzo - ideato per la sordità autosomica recessiva legata al gene OTOF - è stato avviato uno studio clinico multicentrico di Fase I/II 

Le sordità sono un campo di studio in cui la medicina ha compiuto notevoli progressi, pur se pongono ai ricercatori ancora sfide complesse, sia in chiave diagnostica che terapeutica. Lo dimostra l’ampio e variegato substrato genetico delle forme sindromiche e non sindromiche da cui sono emerse alcune mutazioni che gli scienziati hanno preso in considerazione per lo sviluppo di nuove forme di trattamento, fra le quali figura la terapia genica. In questo panorama, Decibel Therapeutics - biotech oggi assorbita da Regneron - ha messo in cantiere tre programmi di terapia genica per i disturbi ereditari dell’udito, uno dei quali è già arrivato alle fasi cliniche di sperimentazione. Ne abbiamo parlato con la dott. ssa Lucia Oriella Piccioni, Responsabile dell’Unità Funzionale della Chirurgia dell’Orecchio e dell’Udito presso l’Ospedale San Raffaele di Milano.

Alcune settimane fa Regeneron Pharmaceuticals aveva infatti dato annuncio dell’acquisizione della di Decibel Therapeutics, azienda di biotecnologie nata con l’idea di generare trattamenti terapeutici per l’ipoacusia e le patologie dell’udito e dell’equilibrio. Fin dal 2017 la creazione di una partnership strategica tra le due aziende ha permesso ai vari team di ricerca di Decibel di concentrarsi sulle preliminari fasi di sviluppo di prodotti specifici contro la perdita dell’udito e nel trattamento dell’acufene e dei disturbi dell’equilibrio. Con un portafoglio di prodotti di terapia genica comprendente farmaci per la rigenerazione delle cellule ciliate dell’orecchio interno e altri destinati a prendere di mira geni specificamente associati ad alcune forme di sordità congenita recessiva, Decibel Th. si è scavata una propria nicchia di mercato. Il campo da gioco risulta però assai difficoltoso e il successo di queste terapie - come pure il loro ingresso sul mercato - oltre a richiedere verifiche su solide casistiche di popolazione, dovrà far i conti con i limiti legati in prima misura all’organo da trattare.

L’ORECCHIO: UN ORGANO COMPLESSO

Tra gli elementi anatomici che servono all’udito ci sono l’orecchio esterno, l’orecchio medio e la coclea. Al di là del padiglione auricolare esterno, il condotto uditivo deputato alla raccolta del suono lo convoglia verso la membrana del timpano, la quale già appartiene all’orecchio medio. Questo si può immaginare come una cavità piena d’aria, dove sono collocati i tre ossicini - incudine, staffa e martello - che trasmettono le vibrazioni verso la parte più interna dell’orecchio, dove sono collocati i recettori che tramutano l’impulso sonoro in un segnale bio-elettrico il quale, attraverso il nervo acustico, raggiunge il cervello.

Coloro che soffrono di ipoacusia severa possono beneficiare dell’apposizione di impianti cocleari composti internamente da un processore del suono e un’antenna ed esternamente da un ricevitore con elettrodi che arrivano nella coclea. Il funzionamento di questi dispositivi prevede che il processore capti i suoni e li converta in segnali digitali che l’antenna trasmette al ricevitore il quale, a sua volta, li converte in segnali elettronici da far giungere direttamente alla parte più interna dell’orecchio. In questo modo i suoni vengono inviati in forma di impulsi elettronici al cervello, senza dover ricorrere alle preziose cellule ciliate che tappezzano l’orecchio interno e rappresentano le prime strutture danneggiate nei casi di ipocusia.

TRATTAMENTI PER RIGENERARE LE CELLULE CILIATE 

“Da diversi anni si sta lavorando all’iniezione nella coclea di farmaci in grado di proteggere le cellule uditive e determinarne la rigenerazione”, afferma la dottoressa Lucia Oriella Piccioni, Responsabile dell’Unità Funzionale della Chirurgia dell’Orecchio e dell’Udito presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. “Tuttavia, l’ostacolo maggiore a questo tipo di trattamento risiede nel farmaco stesso: servono molecole con efficacia sostenuta nel tempo e un’emivita prolungata”.

Non solo tali farmaci devono esser disponibili in grandi quantità ma devono poter esser somministrati senza provocare danno alle strutture sui cui risiedono le cellule. “L’apposizione di un impianto cocleare è una procedura piuttosto delicata”, continua Piccioni. “L’impianto deve rimanere fisso in sede timpanica e al contempo girare intorno alla coclea. Questa è composta da tre camere, dette scale, la superiore è detta vestibolare e quella inferiore timpanica. L’impianto non deve ledere e nemmeno strisciare la zona che separa le due, altrimenti le strutture cellulari in essa contenute subirebbero danni irreparabili. Occorre dunque prestare attenzione alla pressione interna per non far esplodere questa scatola chiusa che non dispone di una vera e propria porta d’entrata”.

Perciò non solo è difficile individuare la giusta molecola da utilizzare ma anche impiantare gli elettrodi per portarla alle cellule da rigenerare. “Una terapia genica sarebbe una soluzione ideale”, prosegue Piccioni. “Ma dovrebbe essere iniettata in quantità adeguate proprio nelle specifiche strutture della coclea”.

IL TRIAL CLINICO E LA PIATTAFORMA TECNOLOGICA

Alla stessa conclusione sono giunti anche i ricercatori di Decibel Therapeutics che hanno messo a frutto una piattaforma tecnologica per prodotti di terapia genica destinati a trattare forme di sordità trasmesse con carattere autosomico recessivo. AAV.104 è una terapia genica diretta a ripristinare la funzionalità della stereociclina, una proteina espressa nelle cellule ciliate esterne della coclea la cui mancanza determina l’insorgenza di una forma congenita di sordità non sindromica, a trasmissione autosomica recessiva. AAV.103 è, invece, pensata per prendere di mira il gene GJB2, coinvolto nella sintesi della connessina-26 (Cx26), espressa nel cellule non sensoriali dell’orecchio interno. A danno del gene GJB2 sono state identificate varie mutazioni, la più frequente delle quali è la mutazione 35delG, responsabile della maggior parte delle sordità congenite recessive non sindromiche. AAV.103 e AAV.104 sono ancora in fase di ricerca preclinica, a differenza della terapia sperimentale DB-OTO che è in valutazione in uno studio clinico di Fase I/II denominato CHORD. L’obiettivo di questo trial è testare la sicurezza, la tollerabilità e l’efficacia preliminare della strategia in un gruppo di pazienti pediatrici con mutazioni su entrambi gli alleli del gene OTOF

Il gene OTOF codifica per una proteina - nota come otoferlina - coinvolta nell’insorgenza di forme di sordità neurosensoriale profonda associata al locus DFNB9. Questa condizione provoca una perdita dell’udito legata a un ritardo nello sviluppo del linguaggio: uno studio giapponese, pubblicato nel 2021 sulla rivista Human Genetics, ha dimostrato che molti piccoli pazienti da essa affetti non sono stati identificati tramite i test di emissione acustica, cosa che riporta l’attenzione su test genetici con pannelli che non comprendano solamente la mutazione 35delG ma anche altre mutazioni note associate alle molte forme di sordità.

L’otoferlina è, infatti, una proteina espressa sulle cellule ciliate della coclea e gioca un ruolo centrale nei meccanismi di comunicazione tra l’orecchio interno e il nervo uditivo. Lo scopo di DB-OTO è sfruttare un vettore virale per veicolare alle cellule una copia del gene sano per la sintesi dell’otoferlina e ripristinare in tal modo la comunicazione tra l’orecchio e il cervello.

Lo studio clinico CHORD sarà condotto in otto centri clinici specializzati tra gli Stati Uniti, la Spagna e il Regno Unito; si rivolgerà a pazienti al di sotto dei 18 anni, con una perdita dell’udito dovuta a mutazioni del gene OTOF e che non abbiano ricevuto più di un impianto cocleare. È in corso l’arruolamento di 22 pazienti che saranno suddivisi in due coorti di studio: quelli inclusi nel primo gruppo riceveranno la terapia genica DB-OTO a due differenti dosaggi tramite un’unica iniezione intracocleare, mentre i pazienti del secondo gruppo di studio riceveranno la terapia genica con le stesse modalità in entrambe le orecchie.

UN PERCORSO NON SEMPLICE E ANCORA TUTTO DA COMPIERE

Oltre a rappresentare un limite alla qualità di vita del paziente, la sordità grava in maniera sensibile sull’economia della società", commenta Piccioni. “I bambini che ne soffrono devono affrontare estesi programmi di riabilitazione logopedica e sedute con un neuropsichiatra. Perciò molte aziende nel mondo sono impegnate nello sviluppo di soluzioni terapeutiche per questi disturbi. Lo dimostrano gli studi con le cellule staminali e gli avanzamenti della robotica per l’inserzione controllata degli impianti cocleari. Tuttavia, il passaggio dalla fase di ricerca a quella clinica sarà tutt’altro che semplice”.

Una prima notevole asperità è l’impossibilità, per questioni etiche, di disporre di un gruppo di controllo. Per somministrare i farmaci direttamente nell’orecchio servono strumenti a rilascio controllato e anche l’iniezione di una terapia genica costituisce un intervento invasivo, perciò non è ragionevole ricorrere a un placebo. Cosa che spiegherebbe l’architettura di uno studio come CHORD, in cui una parte dei pazienti riceverà la terapia genica in un solo orecchio - usando presumibilmente il controlaterale come controllo. “Inoltre, è difficile dosare con precisione la quantità di prodotto che arriverà alle cellule della coclea”, conclude Piccioni. “Non si può perforare la membrana timpanica e iniettare il farmaco, serve necessariamente un impianto cocleare. Una terapia genica sperimentale a singola somministrazione dovrà raggiungere elevati livelli di efficacia che siano sostenuti a lungo nel tempo dal momento che non possono essere previste iniezioni ripetute”.

Sono molti gli interrogativi aperti ma a fare la differenza è l’opportunità di veder approdare in fase clinica un trattamento per questo genere di malattie la cui considerazione clinica e sociale, nonostante gli alti indici di diffusione, sembra ancora piuttosto scarsa.

Con il contributo incondizionato di

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