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Diverse aziende stanno lavorando per portare ai pazienti una terapia genica efficace, una sperimentazione clinica di Fase II si sta svolgendo anche nel nostro Paese

Qualche settimana fa la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha concesso la designazione “Fast Track” a ST-920 (isaralgagene civaparvovec), una terapia genica sperimentale per la malattia di Fabry. Questo passaggio facilita lo sviluppo, e accelera la revisione da parte degli enti regolatori, di nuove terapie destinate al trattamento di patologie gravi o fatali. ST-920 - che ha ottenuto anche la designazione di farmaco orfano in Europa - è attualmente in valutazione nello studio di Fase I/II STAAR, nel quale è stato incluso anche un centro italiano, l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi (Firenze). La biotech che produce la terapia, Sangamo Therapeutics, si sta preparando per uno studio di Fase III e prevede di avviarlo verso la fine del 2023. 

MUTAZIONI NEL GENE GLA

La malattia di Fabry, il cui nome completo è malattia di Anderson–Fabry, è una malattia da accumulo lisosomiale. Infatti, a causa della carenza dell’enzima alfa-galattosidasi (GLA), c’è un accumulo di glicosfingolipidi nei tessuti, con conseguenze a livello renale, cardiaco e neurologico. È una malattia ereditaria che è legata al cromosoma X: le femmine sono portatrici, e hanno il 50% di probabilità di trasmissione alla prole; mentre i padri trasmettono il gene difettoso solo alle figlie. In virtù di questa modalità ereditaria, sono i maschi a sviluppare la malattia in maniera più grave.

Attualmente, i trattamenti di elezione sono la terapia di sostituzione enzimatica, che prevede infusioni endovenose dell’enzima ricombinante alfa-galattosidasi con cadenza quindicinale, o la terapia a somministrazione orale. Queste, oltre a non essere una cura definitiva, hanno un elevato impatto sulla qualità di vita dei pazienti. 

ISARALGAGENE CIVAPARVOVEC 

La terapia genica ST-920 (isaralgagene civaparvovec) è basata su un vettore virale modificato (AAV) che, quando viene iniettato nel flusso sanguigno, è progettato per fornire una versione sana del gene GLA alle cellule del fegato. In poche parole, gli epatociti modificati sarebbero in grado di produrre l’enzima funzionale, che verrebbe poi rilasciato nel flusso sanguigno ottenendo l’effetto terapeutico. La terapia isaralgagene civaparvovec prevede un’unica infusione.

Gli studi preclinici in modelli murini della malattia hanno dimostrato che il trattamento con ST-920 ha aumentato i livelli di enzima, con una conseguente riduzione dell’accumulo di glicosfingolipidi nei tessuti. Tre mesi dopo una singola iniezione della terapia genica, l'attività dell'alfa-galattosidasi nel sangue dei topi era più di 400 volte superiore a quella dei topi non trattati.

LO STUDIO CLINICO STAAR

Sangamo sta portando avanti lo studio clinico di Fase I/II STAAR per testare la sicurezza e l'efficacia di dosi crescenti di ST-920 in pazienti adulti con una diagnosi confermata di Fabry. È un trial clinico multicentrico, internazionale (che coinvolge Stati Uniti, Australia, Canada, Germania, Italia, Regno Unito e Taiwan), condotto in aperto, a dose singola e con un range di dosi, progettato per valutare innanzitutto la sicurezza e la tollerabilità di isaralgagene civaparvovec.

Finora sono stati trattati una ventina di pazienti, a fronte dei 48 partecipanti previsti nello studio. La prospettiva è quella di somministrare la terapia a tutti le persone previste e di seguirle per circa un anno. Lo scorso febbraio, l’azienda ha presentato i risultati preliminari durante un simposio internazionale, mostrando buoni esiti in 13 pazienti già trattati.

ALTRE TERAPIE GENICHE SPERIMENTALI PER LA FABRY

Se la terapia genica di Sangamo agisce tramite l’infusione di un vettore virale nel flusso sanguigno (in vivo) con l’obiettivo di arrivare al fegato e modificarne le cellule, ci sono altri approcci possibili.

Un esempio (di cui abbiamo parlato qui) è quello di un’università canadese, in collaborazione con l’azienda Ozmosis Research, che ha sviluppato una terapia genica ex vivo per questa patologia. Più nello specifico, il funzionamento si basa sul prelievo di cellule staminali ematopoietiche del paziente, che vengono poi modificate tramite l’utilizzo di un vettore lentivirale in grado di trasportare copie del gene corretto nelle cellule del sangue. Una volta completato questo passaggio, le cellule vengono reinfuse al paziente e, se tutto va come previsto, il suo organismo sarà in grado di produrre l’enzima. Il primo trattamento è stato fatto nel 2017 e lo studio si concluderà nel 2024.

Un’altra biotech che ha puntato sulla terapia genica per la Fabry (ne abbiamo accennato qui) è AvroBio. L’azienda ha concluso un trial clinico di Fase II per la terapia AVR-RD-01 nel 2022, ma ora la loro pipeline si focalizza sulla malattia di Gaucher, di Hunter e di Pompe.

La terapia genica è un obiettivo di grande interesse per chi fa ricerca sulla Fabry e per i pazienti in attesa di una nuova opportunità terapeutica: diversi sono gli studi sul tema, di cui abbiamo riportato qualche esempio, anche se alcuni sono ancora in fase iniziale di sperimentazione (ne abbiamo parlato qui). Quello che è certo è che l’interesse in questo campo c’è e gli sviluppi tecnologici di questi anni supportano l’innovatività: è importante ora avere la pazienza per vedere i primi risultati concreti fare capolino.

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