terapia genica, sordità, gene OTOF

Risultati preliminari incoraggianti sono stati presentati durante lo scorso Congresso Annuale della Società Europea per la Terapia Genica e Cellulare che si è tenuto a Bruxelles 

Per un neonato la sordità equivale a qualcosa di più grave della mera impossibilità di udire i suoni. È una condizione che incide sul linguaggio, sulle capacità di apprendimento in generale, oltre che rappresentare una forte causa di isolamento sociale. Nella quotidianità un bambino sordo - come pure cieco - ha enorme bisogno della vicinanza della famiglia e di qualcuno che lo guidi nel percorso di formazione delle abilità comunicative. Pertanto, la notizia che da uno studio clinico condotto in Cina con una terapia genica ideata per alcune forme genetiche di sordità sono scaturiti i primi risultati positivi ha, letteralmente, fatto drizzare le orecchie a molte persone che da tempo attendevano una svolta in questo settore della medicina.

Nel corso del trentesimo Congresso della Società Europea per la Terapia Genica e Cellulare, svoltosi a Bruxelles lo scorso ottobre, il prof. Yilai Shu, otorinolaringoiatra e chirurgo presso lo Shanghai Eye and Ear, Nose, Throat Hospital della Fudan University di Shanghai, ha presentato i risultati di un trial clinico su una innovativa terapia genica destinata a persone affette da forme genetiche di sordità. Secondo quanto si è potuto apprendere lo studio ha arruolato 10 bambini, alcuni dei quali sono già stati trattati: al momento della presentazione dei dati, quattro di loro avevano recuperato l’udito mentre uno ancora no - si ipotizza a causa di una immunità acquisita nei confronti del vettore virale impiegato per introdurre il gene terapeutico nelle cellule. 

UNA CORSA CON PIÚ CONCORRENTI…

In un articolo da poco pubblicato sulla rivista Molecular Therapy: Methods & Clinical Development, il team di Shu ha descritto i risultati di uno studio preclinico con una nuova terapia genica basata sull’utilizzo di un vettore virale adeno-associato di tipo 1 (AAV1) caricato con un frammento corretto del gene OTOF, che codifica per l’otoferlina, una proteina la cui mancanza è stata associata a sordità neurosensoriale profonda congenita associata al locus DFNB9. Si tratta dello stesso gene al centro di una ricerca condotta dalla biotech Decibel Therapeutics (di cui avevamo parlato qui) che oggi rappresenta una delle principali concorrenti del team di ricerca del prof. Shu - il cui lavoro è stato sponsorizzato da una piccola azienda biotecnologica, la Shanghai Refresh Gene Therapeutics.

Il team cinese sembra essere ora in pole position in questa “corsa” allo sviluppo di un innovativo trattamento per forme genetiche di sordità. Tra i concorrenti compare anche Akouos, un’altra società farmaceutica impegnata nello sviluppo di approcci farmacologici contro la sordità (e da poco entrata a far parte di Eli Lilly) che ha recentemente avviato uno studio clinico di Fase I/II su 14 bambini affetti da sordità congenita bilaterale legata al gene OTOF. In corsa c’è anche la biotech francese Sensorion che sta mettendo a punto una piattaforma per il ripristino della funzionalità uditiva in pazienti con sordità legata ai geni GJB2 e OTOF: in quest’ultimo caso la terapia genica progettata ha confermato la possibilità di veicolare il frammento di gene corretto nelle cellule, riuscendo a ricostituire la proteina mancante e ripristinare la capacità uditiva. I risultati di questo lavoro - svolto su modello animale murino - sono stati pubblicati sulla rivista PNAS.

…CON LA CINA IN VANTAGGIO

L’entusiasmo dei ricercatori cinesi è ampiamente giustificato dal fatto che non era mai capitato che persone sorde tornassero a sentire senza l’applicazione chirurgica di impianti cocleari bilaterali, i quali per il chirurgo continuano a rappresentare una sfida tecnica non trascurabile. Ma nei bambini trattati con la terapia genica di cui ha parlato il professor Shu hanno ripreso a funzionare le cellule ciliate a livello delle quali è espressa l’otoferlina. Questa proteina è essenziale per far sì che le cellule ciliate possano vibrare e trasmettere al cervello i segnali da tramutare in suoni. Attenzione però perché sono oltre 200 le mutazioni riscontrate a carico del gene OTOF e questa terapia sperimentale - che deve continuare ad essere testata su una più ampia casistica di pazienti - è rivolta al sottogruppo di pazienti con sordità genetiche dovute a difetti nel locus DFNB9 di tale gene. Si tratta circa del 2-8% di tutti i pazienti con sordità di tipo ereditario: parliamo quindi di una condizione rara, ma il successo di questo trattamento potrebbe aprire le porte a molte altre terapie analoghe.

Questa terapia genica, analogamente a quella sviluppata da Sensorion, prevede la somministrazione del frammento corretto del gene OTOF in due parti. Infatti, questo gene è di dimensioni tali da renderne impossibile l’impacchettamento all’interno di un unico vettore, perciò il team cinese ha iniettato in profondità nella coclea dei bambini i vettori virali con le due componenti del gene che poi si sono ricombinate e hanno permesso di sintetizzare l’otoferlina mancante. I dati preclinici pubblicati sulle pagine di Molecular Therapy: Methods & Clinical Development hanno messo in evidenza - nei modelli animali (murini e primati non umani) - la tollerabilità e l’efficacia preliminare del trattamento. I dati clinici presentati da Shu a Bruxelles hanno mostrato la concretezza dell’esito finale: dal momento che i bambini trattati sono passati dal non sentire nulla al di sotto dei 95 decibel (il rumore di una motocicletta) all’udire distintamente i suoni a 50-55 decibel, circa il livello di una normale conversazione. Un risultato che promettere di cambiare l’infanzia dei piccoli pazienti e dei loro genitori, regalando la prospettiva di un più facile inserimento scolastico e migliorando in maniera significativa le loro capacità di apprendimento.

Inutile dire che resta ancora molto lavoro da fare ma, come conferma lo stesso Yilai Shu in una  review apparsa sulla rivista Molecular Therapy, l’impatto della terapia genica sui disturbi dell’udito porta con sé più di una speranza, non solo per poche persone ma per un elevato numero di pazienti.

Con il contributo incondizionato di

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